I Migliori Dischi BLACK METAL del 2023

Come i suoi predecessori anche il 2023 ci ha letteralmente sommerso di uscite; impossibile ascoltarle tutte, impossibile non perdersi qualcosa, ma è altrettanto impossibile non trovare qualcosa di interessante o imperdibilie; il passaparola che sia virtuale o fisico sembra essere oggi il miglior modo per orientarsi all’interno di un underground che definire immenso è eufemistico. Il black metal è ormai un mega contenitore in cui troverete custodi di antiche tradizioni e artisti dedidti all’avanguardismo sonoro. Quello che segue è il meglio dell’anno che sta per terminare con una piccola variazione sul tema: i “soliti” migliori 20 dischi e una breve top 5 per il formato Ep.

1 . Suol – Suol (Swarte Yssel)

Olanda. E’ questa la terra fertile del momento e avremo modo di ribadirlo più avanti. Nato da una costola di Ossaert e Shagor, questo duo confeziona un debutto che è un piccolo gioiello intriso di malinconia. Una cappa oscura pervade l’opera che procede con fare lento e doloroso ed è un dolore bellissimo. Melodie epiche e struggenti, sezione ritmica sostenuta da un basso nervoso e pulsante, voce straziata accompagnata, a tratti, da maestosi cori (da brividi quello di “Slot Van Voorst”). Il punto è che è tutto giusto al momento giusto, i brani scivolano via senza un’incertezza. C’e’ l’epicità marziale degli Immortal, il nichilismo dei MGLA, l’atmosfera dei Wolves In The Throne Room, il masochismo dei Wiegedood e tanto altro, dentro a questo debutto che ricorderemo a lungo.

2 . Manii – Innerst I Mørket (Terratur Possessions)

Visto che sulla scena non ci sono già abbastanza nomi simili, i norvegesi Manes hanno pensato bene di sciogliersi e riformarsi con il nome Manii per poi ridare vita al nome originale e finire così con due band attive allo stesso tempo, con nomi simili e alcuni membri in condivisione. Scelte anticommerciali a parte, quello che conta è il risultato. Questi musicisti storici dell’underground norvegese, attivi già dalla prima metà degli anni novanta, hanno tirato fuori, un po’ a sorpresa, uno dei lavori dell’anno. Un’unica lunga traccia satanica dal retrogusto cinematografico e psichedelico. Attendete i primi minuti, la costruzione pezzo per pezzo dell’inizio dell’opera, le chitarre dall’inconfondibile timbro che esplodono su un riff elettronico che puzza di Burzum, e non riuscirete più a staccarvi. Sezione ritmica dolente e mai troppo arrembante, note sature e glaciali che risuonano nel vuoto, voce direttamente dagli inferi, arpeggi luciferini alla Gorgoroth. Un altro significativo tassello del true norwegian black metal. 

3 . Immortal – War Against All (Nuclear Blast)

Demonaz bissa la buona riuscita di “Northern Chaos Gods” con il secondo disco dopo la separazione da Abbath. Fa sorridere pensare a Doom Occulta in giro per il mondo a suonare i brani degli Immortal mentre, nel frattempo, con lo stesso nome in copertina, escono dischi belli per merito del vecchio compagno Demonaz. Robe da music business già viste e riviste su altri lidi. Le cose peggiori di “War Against All” sono il titolo banalotto e la copertina orrenda, il resto è puro black metal in stile Immortal, soprattutto quelli del periodo “At The Heart Of WInter”; il lavoro è pieno di riff memorabili, marce esaltanti, momenti epici e manca di reali passaggi a vuoto. Chissà se sarà mai possibile vedere questi brani suonati dal vivo.

4 . Agriculture – Agriculture (The Flenser)

Ecstatic. Abbiamo un nuovo aggettivo da aggiungere alle parole black metal. Estatico: che è fuori dai propri sensi. A spanne, mi sembra un aggettivo adatto al nostro genere preferito. Il debutto omonimo di questi fricchettoni californiani è un mix di shoegaze, noise rock e ovviamente black metal. Il classico disco che accumulerebbe decine di commenti negativi perchè se ne infischia delle tradizioni spazzando via ogni preconcetto. Lunga intro shoegaze, sfuriata acida che sembra partorita dai primi Liturgy, riffone noise rock vagamente malinconico che potrebbe essere suonato dai Nothing, brutalità incalzante alla Wiegedood, un sassofono che pare suonato durante una crisi epilettica, una ballata sgangherata e lo-fi che sembra partorita da Daniel Johnston. Questo e altro troverete in un disco che, piaccia o meno, detterà la linea per il futuro. 

5 . Faidra – Militant : Penitent : Triumphant (Northern Silence)

La coppia di dischi “sorpresa dell’anno” è quella formata dai lavori di Faidra e Suol, due dischi di band meno conosciute che, a differenza di colleghi più blasonati, sono semplicemente più ispirate. I Faidra vengono dalla Svezia, ma non pensate a Watain, Dissection e compagnia, qui siamo dalle parti del miglior Burzum, evocato da synth liquidi e demoniaci, o dei migliori Gorgoroth per le atmosfere cadenzate e sospese, la voce satanica e le melodie luciferine. La scelta stilistica, perfettamente centrata, è quella di evocare il male attraverso sinistri mid tempo, arma con cui i nostri ci stringono lentamente in una morsa soffocante. Godetevi la penitenza.

6 . Panopticon – The Rime Of Memory (Bindrune Recordings)

Austin L. Lunn ha la rara capacità di creare lunghe composizioni senza far abbassare mai il livello di attenzione dell’ascoltatore, anzi riuscendo spesso a sorprenderlo; il modo di concepire la musica dell’unica mente dietro al progetto Panopticon è quello di un lungo viaggio, in cui ogni passo, anche il più apparentemente insignificante è invece tassello fondamentale del percorso. Arrangiamenti ricchi, ma allo stesso tempo lineari e soprattutto efficaci, melodie maestose, una sezione ritmica che spinge la nostra cavalcata e la rilancia ogni volta che ne ha occasione. I dischi dei Panopticon sono dei quadri talmente ricchi di particolari che non basta mai un solo sguardo; ci sarà sempre qualcosa che ci spinge ad un nuovo ascolto, una sorta di mantra che ci richiama e non ci molla più. Ormai Panopticon è un genere a sè.

7 . Asagraum – Veil Of Death, Ruptured (Edged Circle Productions)

Una delle band più cresciute degli ultimi anni sono le Asagraum, band tutta al femminile che, grazie all’ottimo “Dawn Of The Infinite Fire” e ad un’intensa attività live, ha ormai un discreto seguito nel circuito underground europeo. Le olandesi affilano le loro lame e mantengono le promesse con il terzo di disco in carriera, un solido connubio tra il black metal epico degli Immortal e quello luciferino degli Inquisition; ottimo il songwriting, ottima la prova vocale di Obscura, impressionante (andate a vederle dal vivo!) il lavoro dietro ai tamburi di A. Morthaemer. Il futuro del black metal più tradizionale è qui.

8 . Returning – Severance (Realm and Ritual)

I Wolves In The Throne Room hanno fatto proseliti e per questo li ringraziamo. Questo dovrebbe bastarvi per capire dove vanno a parare i Returning, anche loro provenienti da Olympia, nord ovest degli Stati Uniti. Questo rituale, diviso in quattro lunghe parti è proposto come la registrazione live di un’esperienza mistica volta ad una completa immersione nella natura. L’autoproduzione della band ha trovato casa in formato tape nella label americana Realm and Ritual, più avvezza al dungeon synth che al black metal. Tanta atmosfera, tante tastiere, blast ipnotici e momenti sospesi in cui rieccheggiano solo i rumori del pianeta, insomma tutti gli ingredienti al posto giusto per fare felici gli amanti del black metal atmosferico. Sono curioso di vedere il prosieguo di questa band.

9 . Wayfarer – American Gothic (Profound Lore)

I Wayfarer affinano il loro black metal in salsa western e ne esce uno dei migliori dischi dell’anno. E’ chiaro che se il proprio riferimento sono i Marduk, questo disco andrà bene al massimo come sotto pentola, ma se non temete le contaminazioni e le rivisitazioni non rimarrete delusi da un lavoro a cavallo tra il dark folk elettrico, il post rock dei Solstafir, le colonne sonore western, l’alternative rock a stelle e strisce e il post black metal di Panopticon e Agalloch. Se siete stufi di girare tra foreste ghiacciate e paesaggi innevati, venite a farvi un giro tra sabbia del deserto e polvere da sparo.

10 . Dismal Aura – Imperium Mortalia (Avantgarde)

Secondo disco in carriera per i canadesi Dismal Aura e bersaglio colpito in pieno. Poco meno di mezz’ora di black metal tirato, riff furiosi e ritmiche thrash; il tutto suonato con la stessa sfrontatezza dei connazionali Spectral Wound e l’approccio politico dei Dawn Ray’d. Arrembanti, fiere e melodiche al punto giusto, le canzoni del disco sono ispirate al libro “Necropolitics” di Achille Mbembe; altra gran bella scoperta di Avantgarde. 

11 . Yellow Eyes – Master’s Murmur (Sibir Records)

New York 2023, gli Yellow Eyes confermano la presenza di uno spirito maligno che si annida nella grande mela e colpiscono con un lavoro breve, sperimentale e furioso. Tappeti di tastiere solari si avvinghiano a blast beat vertiginosi ed urla inafferrabili, elettronica dark accompagna i rumori della campagna, l’ambient malvagio delle Aghast si accoppia con claudicanti arpeggi; forse sono i Blut Aus Nord che hanno cambiato pusher. Black metal che forse non è black metal, ma che non saprei come altro definire. 

12 . Austere – Corrosion Of Hearts (Lupus Lounge/Prophecy Productions)

Scrivere lunghissimi brani senza annoiare è un’arte non da tutti, ancora meno se il lavoro è fatto sfruttando poche note e pochi elementi. Gli australiani Austere sono maestri in questo e dopo 14 anni dal precedente full lenght, tornano con cinque dolorosissime tracce che, se non fossimo metallari cattivoni, potremmo immaginare di ascoltare abbracciati al nostro cuscino, riflettendo su tutte le nostre disgrazie. Gli Austere in un’unica parola, emozionano; racchiudono le atmosfere malinconiche ed ipnotiche di Amenra, Sadness, Altar Of Plagues e Sigur Ros e ci portano in un mondo sospeso dove il tempo non è più l’unica cosa che conta.

13 . Noitila – Langennut (Nordvis Produktion)

Il disco dei Noitila è il parto di due puristi finlandesi: black metal grezzo, punkeggiante, di cui Fenriz dei Darkthrone sarebbe fiero sostenitore. Niente finezze, niente metronomo, tecnica minima, strumentazione approssimativa. D’altra parte è black metal. Concepite in un piccolo capanno tra laghi e foreste, le sette tracce di questo debutto discografico trasudano gelo e marciume e odorano come il tronco di un albero abbattuto, in mezzo alla tundra finlandese.

14 . Sól án Varma – Sól án Varma (Van Records)

Questo disco non avrà successori; nato e pensato per essere parte dell’edizione 2018 del Roadburn Festival il progetto ha esaurito il suo compito con la pubblicazione di un’opera omonima a cui hanno partecipato membri di Misþyrming, Svartidaudi, Arstíðir Lífsins e molte altre realtà islandesi. Insomma, il meglio di quella scena esplosa nello scorso decennio. Non sorprende che la ritualità occulta, le dissonanze, il timbro cupo delle chitarre a cavallo tra Deathspell Omega e MGLA siano gli ingredienti principali di un lavoro ben riuscito che è un po’ la summa di quanto visto e ascoltato in questi anni. Che sia il canto del cigno di un gruppo di musicisti o l’occasione per rilanciare il black metal vulcanico islandese lo vedremo nei prossimi anni.

15 . Hexvessel – Polar Veil (Svart Records)

In “Polar Veil” doom e black metal si incontrano e ne esce un’opera che avrà bisogno di qualche passaggio in più nello stereo per poter essere assaporata in pieno. Copertina e titoli come “A Cabin In Montana” e “The Tundra Is Awake” predispongono all’ascolto con il giusto spirito e sarà il freddo ad entravi nelle vene mentre scorre via il disco. Non il freddo glaciale e maligno dei dischi degli Tsjuder, ma quello che più tetro e malinconico di Ulver e Urfaust. Il suono delle chitarre è uno dei più atmosferici e gelidi che abbia mai sentito e dona all’album una pasta sonora precisa e definita, oltre che bella.

16 . One of Nine – Eternal Sorcery (Wolves Of Hades)

Se non fosse che sono andato a controllare, al primo ascolto, non avrei avuto dubbi: i One of Nine vengono dalla Svezia, non posso confondere lo stile Watain, con la classica voce dal lungo riverbero, le melodie che emergono su una batteria che sembra una mitragliatrice, le atmosfere malvagie e dense di pathos. Invece, i nostri vengono diretti dagli USA e sono al loro debutto discografico. Più che all’occultismo e alla venerazione della Bestia, prendono spunto dagli scritti di Tolkien e confezionano un disco che profuma anni 90 per atmosfera, qualità e pasta generale del suono. Non guasta una delle copertine più belle dell’anno.

17 . Lamp Of Murmuur – Saturnian Bloodstorm (Argento Records)

Se in Europa è l’Olanda ad offrire le uscite più interessanti di questo anno, negli USA da qualche tempo a questa parte il black metal sta diventando una cosa seria, una missione per tanti giovani o giovanissimi. Forse sono proprio gli USA, dopo la grande ondata di black metal atmosferico (Panopticon, Wolves In The Throne Room),  ha offrire le versioni più moderne del nostro genere preferito basti pensare a Krallice, Liturgy o Agriculture. Tra le nuove leve, c’è anche chi ha intenzione di portare avanti la bandiera del black metal più tradizionale, fatto di face painting, asce bipenni, blast beat, riff da headbanging. E’ il caso di Hulder ed è il caso dei Lamp Of Murmuur che con “Saturnian Bloodstorm” hanno conquistato consensi anche nel vecchio continente. La formula è quella dei classici Immortal richiamati sia nel songwriting, sia dal timbro vocale di M. unica mente dietro al progetto. In questo terzo lavoro si è persa la componente elettronica dei primi due lavori e, per chi scrive, è un bene.

18 . Afsky – Om Hundrede år (Vendetta Records)

Malgrado una resa live ancora un po’ da affinare, il progetto Afsky sta raccogliendo i meritati frutti. Dopo il piccolo gioiello “Ofte Jeg Drommer Mig Dod” del 2020, ecco “Om Hundrede år” album che non sposta i connotati stilistici e rafforza il black metal disperato di Ole Pedersen. Non mancano passaggi acustici e divagazioni elettriche che donano intimità lo-fi al disco, uno dei marchi di fabbrica di quanto fatto dal danese fino ad oggi.

19 . Blackbraid – Blackbraid II (Indipendente)

Ci eravamo lasciati l’anno scorso con i dubbi sulla reale sostanza di questo progetto finito sulla bocca di tutti con il debutto del 2022 e chiamato a confermarsi con il secondo album. La scommessa è vinta e Blackbraid si conferma un’idea vincente nel concept, basato sui nativi americani e il loro indistricabile rapporto con la Madre Terra, ma anche, e soprattutto, a livello musicale con idee melodiche vincenti all’interno di una struttura abbastanza semplice dei brani. Poche elucubrazioni, tante mazzate, per dirla in breve. Dritto per dritto. A corollario, troverete ampie divagazioni acustiche che impreziosiscono un’opera che fa buona compagnia ai primi ottimi dischi degli Uada per rimanere in ambito black metal melodico made in USA.

20 . Dominance – Slaughter Of Human Offerings In The New Age Of Pan (Putrid Cult)

Il premio “non facciamo prigionieri” dell’anno va al debutto di questi giovani polacchi; guerra, guerra e ancora guerra, ma guerra medievale, con duelli corpo a corpo, uomini trafitti da spade, teste spaccate da mazze ferrate. Il disco è la fiera del tupa tupa e dell’headbanging tra Venom ed Hellripper. Recuperate la vostra cintura di proiettili e buttatevi nella mischia.

Come bouns track, quest’anno ecco una breve top 5 per il formato Ep. E’ in questi mini Lp che, a volte, si nascondono le migliori cose di un’annata musicale.

1 . Fluisteraars – De Kronieken van het Verdwenen Kasteel II: Nergena (Eisenwald) 

Eccoci di nuovo in l’Olanda. E’ incredibile il numero di band di qualità che sta uscendo da questa piccola nazione; si passa dal sound più classico di Helleruin e delle Asagraum per arrivare ad un black metal contaminato dal folk oscuro, dal drone, dall’ambient, dal doom, dalla psichedelia, fondamentalmente da uno spirito sperimentatore, che porta nuova linfa al genere senza snaturarne la natura selvaggia e immediata. Parlo di band come Turia, Solar Temple, Iskandr e Fluisteraars, guarda caso tutte uscite su Eisenwald, etichetta svizzera, che ha saputo cogliere il segnale. In questo splendido Ep di due brani, i Fluisteraars raccolgono il meglio di questa nuova ventata, tra droni di tromboni, cavalcate sghembe, divagazioni folk, chitarre zanzarose, invocazioni pagane; l’Ep fa parte di un trio di lavori registrati all’interno di un castello medievale olandese ed è anche questo particolare a rendere il suono finale vivo e carico di pathos. Band ed Ep da non perdere.  

2 . Melissa – II (Urge Records)

Prendete il sound marcio di “Deathcrush” dei Mayhem e portatelo a New York nel 2023, mettete dietro al microfono una punk fuori controllo ed ecco a voi i Melissa; potrebbero essere la next big thing dell’underground mondiale, ma, fin qui, si sono limitati ad un paio di Ep andati sold out in men che non si dica. “II” dura meno di un quarto d’ora, ma è più che sufficiente ad accendere l’animo cavernicolo del black metallaro; voce urlata nelle retrovie, produzione lo-fi, riffoni semplici e pesantissimi, sezione ritmica che pensa solo a colpire più forte possibile. Punk che si trasfigura in black metal, copertina che ribalta il concetto di estremo, insomma, esiste ancora qualcuno in grado di farci drizzare le antenne. Delicatissimi.

3 . Blood Abscission – I (Indipendente)

Per essere un Ep, il debuto dei Blood Abscission è comunque quasi 30 minuti di musica. Venuti fuori dal nulla e senza note biografiche di alcun tipo, senza pagine social, il progetto spicca per una proposta semplicemente devastante con riff indiavolati alla Wiegedood, approccio melodico alla Deafheaven e un che di epico e cosmico a pervadere tutto il lavoro. Aspettiamo di saperne di più, ma fin qui tutto molto bene.

4 . Hjemsøkt – Mystikk og Mørke (Purity Trough Fire)

Come ogni anno, a suon di dragare le pubblicazioni, trovo il mio disco dalla copertina in bianco e nero che suona come deve suonare il black metal in arrivo dalla Norvegia: marcio, cattivo, ruvido, disperato. Se per voi, più che “Transilvanian Hunger” il metallo nero non può dare, fiondatevi sull’Ep di debuto di questi sconosciuti norvegesi.

5 . Kanonenfieber – U-Bootsman (Avantgarde/Noisebringer)

Dopo il botto del debutto nel 2021, il progetto Kanonenfieber ha iniziato a calcare i palchi europei e ha pubblicato un paio di Ep. I due brani presenti su “U-Bootsman” sono in linea con quanto sentito fino ad ora; riffoni guerreggianti, produzione curata che pone la voce piuttosto avanti nel mix e sezione ritmica che occhieggia al death metal così come un po’ tutto l’impasto sonoro finale; si conferma l’abilità di miscelare i giusti ingredienti per un prodotto che ormai ha connotati ben riconoscibili, a partire dai magnifici artwork di copertina. Che sia il 2024, l’anno buono per un nuovo full lenght?

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