I 15 Migliori Dischi NOISE ROCK Del 2022

In redazione siamo dei grandi amanti del noise rock, un genere che continua a dare segnali di vita ogni anno con dischi che riescono a farsi notare anche al di fuori della nicchia degli amanti del sound Amphetamine Reptile / Touch & Go. Un suono che dagli anni 80 continua a rendere contenti giovani (e meno giovani) frustrati dalla vita, dal mondo, dal tutto.

Vi ricordo che su questo sito trovate la fanzine SLERFA, dedicata a segnalare le uscite del genere (oltre a post-punk, alternative e similari).

1 . Chat Pile – God’s Country (The Flenser)

Il disco che ha conquistato tutti, compresi chi non bazzica il genere, è l’esordio sulla lunga distanza dei quattro di Oklahoma City Chat Pile. All’interno della scena si fecero notare con due EP “This Dungeon Earth” e “Remove Your Skin Please” autoprodotti e ristampati assieme da Reptilian, poi con lo split con gli ottimi Portrait Of The Guilt. Infine con una cover di Roots Bloody Roots dei Sepultura. Ma non sottovalutiamo lo splendido logo black metallaro e il design particolare delle copertine. Che “God’s Country” sarebbe stato un successo (underground) lo si capiva fin da queste avvisaglie e la band non ha deluso le aspettative. Anzi ha alzato l’asticella proponendo un disco che difficilmente sarà superabile dai colleghi. Cosa rende “God’s Country” speciale? Le canzoni, la pesantezza, l’oscurità. E la capacità di osare mettendo nel piatto un’influenza odiata dai cultori del genere: i Korn. Provare per credere.

2 . Ken Mode – Null (Artoffact)

E’ curioso come essendo da 20 anni in attività i Ken Mode non siano mai riusciti ad allargare la propria fan base risultando ancora oggi dopo otto dischi un nome da scoprire. Nati in un periodo in cui vennero messi in ombra da band post-hardcore più hype Ken Mode hanno cambiato etichetta quasi ad ogni disco finendo ad essere uno dei tanti nomi presenti nel catalogo di ciascuna di essa. Con “Null” tentano il tutto per tutto. E ci riescono. Prendono in formazione la sassofonista Kathryn Kerr, già ospite nel precedente, ottimo, “Loved” e oltre al fiato la mettono ai synth. Il suono diventa più compiuto e devastante, cupo e orrorifico.

3 . Bunuel – Killers Like Us (La Tempesta / Profound Lore)

L’improbabile coproduzione fra La Tempesta e Profound Lore porta alle nostre orecchie un disco che è non solo una splendida collaborazione internazionale ma anche uno dei dischi più potenti che potrete ascoltare di sti tempi. Eugene Robinson (Oxbow), Xabier Iriondo (Afterhours), Franz Valente (Il Teatro Degli Orrori) e Andrea Lombardini mescolano rumore metropolitano con post-punk, nowave, blues, funk e alternative rock. Il tutto suonato a volumi enormi.

4 . Thank – Thoughtless Cruelty (Box Records)

Il posto appena fuori dal podio lo merita l’esordio dei Thank da Leeds, band che si era già fatta notare da tre o quattro pazzi curiosi con alcuni EP racchiusi nella raccolta Thankology (uscita in CD-R). Il disco è la perfetta fusione fra il post-punk inglese di scuola The Fall e il noise rock metropolitano americano devoto ai Cop Shoot Cop. C’è del disagio e della caustica ironia.

5 . Kal Marks – My Name Is Hell (Autoproduzione)

Provenienti da Boston i Kal Marks non sono certo dei novellini: questo “My Name Is Hell” è il loro sesto lavoro, autoprodotto come quasi tutti gli altri. Il loro approccio è decisamente “cantautorale” e “alternative rock” ma non disdegnano chitarre fischianti e dissonanti e una sezione ritmica sempre tesa. Proprio questo mix porta il loro prodotto ad un livello decisamente alto, ricco di sfumature e mai banale.

6 . Bitter Branches – Your Neighbors Are Failures (Equal Vision)

Ancora più veterani sono i Bitter Branches: i membri vengono tutti da band di culto come Calvary, Deadguy, Lifetime, Lighten Up, Kiss It Goodbye, No Escape, Paint It Black e Walleye. Purtroppo si fanno rubare il posto in prima fila da Chat Pile e Ken Mode ma se non ci fossero stati loro avrebbero guadagnato il podio. Post-hardcore e sludge urlato a squarciagola, basso tellurico di scuola Jesus Lizard e quelle sfumature di disagio che fanno tanto proto-grunge. Meravigliosi.

7 . Mamaleek – Diner Coffee (The Flenser)

Lo sludge non è certo un genere intellettuale: urla disumane, ritmi pachidermici, riffoni sabbathiani non sono certo ingredienti che portano un fan del jazz a dire “mmmm bravi questi ragazzi” (a meno che non sia aperto di mente). Mamaleek non si capisce bene se ci sono o ci fanno ma suonano sludge catacombale con stacchetti jazz e suonini psichedelici. Che è una delle poche idee che non è ancora venuta in mente ai Melvins. In “Diner Coffee” succede questo e altro ma la cosa incredibile è che nella sua follia suona anche sensato. Uno dei dischi più strani che vi capiterà di ascoltare.

8 . Oxbow & Peter Brötzmann – An Eternal Reminder Of Not Today (Trost)

A proposito di noise rock e sperimentazioni una delle formule che funzionano sempre dall’alba dei tempi (ovvero quando il dio del rock creò Funhouse degli Stooges) è chitarre rumorose e ipnotiche e fiati free jazz. Gli Oxbow sono un monumento vivente del genere e Peter Brotzmann uno dei musicisti più odiati dai puristi: non poteva che venire fuori una figata. “An Eternal Reminder Of Not Today” testimonia un folle concerto che saggiamente è stato registrato per la gioia di noi sfigati che viviamo dove queste cose belle non succedono. Enorme. Artwork di Aaron Turner, ex Isis.

9 . Ditz – The Great Regression (Alcopop!)

Si presentano in copertina mascherati da Mr Bungle d’antan ma la musica proposta è decisamente diversa. L’esordio degli inglesi DITZ è all’insegna del disagio molesto di cinque giovani incazzati e privi di aspettative reali. “The Great Regression” coglie quindi gli umori neri del post-punk mettendo in primo piano le chitarre rumorose di scuola “noise” senza dimenticare la lezione post-hardcore degli ultimi 20 anni. Completano il quadretto una serie di imperdibili brani tra cui l’iconica “I Am Kate Moss”.

10 . Gnod – Hexen Valley (Rocket Recordings)

“Hexen Valley” nasce quando Paddy Shine si trasferisce a Hebden Bridge in una casa cooperativa e inizia a jammare con i presenti. Pur sfilacciato il disco mette insieme il meglio del suono Gnod (una band che se non conoscete dovete iniziare ad ascoltare, magari proprio partendo da qui): psichedelia, rumore, dilatazione e stranezze assortite. In quella casa è come se si fossero materializzati Sonic Youth, Melvins e Hawkwind.

11 . Easy Prey – Unrest (Hellminded)

Aggiungiamo questa band alla lista dei veterani da Austin, Texas, luogo da dove proviene il 90% del miglior noise rock. Easy Prey in realtà sono più vicini alla scena post-hardcore e lo si deduce fin dalla copertina del disco e dalle loro foto. Ma non sarebbero qui se non fossero anche dei macellai sonori. Se vi mancano Coalesce e Kiss It Goodbye prendeteli in considerazione.

12 . Prayer Group – Michael Dose (Reptilian Records)

Se seguite quel fil rouge di gruppi che vanno dai Jesus Lizard e arrivano a Metz e Pissed Jeans aggiungete anche i Prayer Group. Certifica Reptilian Records che, al contrario nostro, non è ancora diventata sorda.

13 . Enablers – Some Gift (Wrong Speed Records)

I Losangelini Enablers fanno un po’ genere a sè, o meglio sono gli unici rimasti a suonare post-rock dissonante con voce narrante. Suonano vagamente come dei Massimo Volume ma con l’enfasi vocale di un gruppo hardcore post-punk. Se Oxbow, Neurosis, Swans, Nick Cave, Einstürzende Neubauten sono il vostro pane cercatevi questo piccolo grande segreto chiamato Enablers.

14 . Lleroy – Nodi (Overdrive)

Dopo cinque anni di silenzio torna il trio bolognese “mudcore” e anche questa volta consegna un disco che è un manuale su come andrebbe suonato il genere in Italia ma anche nel resto del mondo. Grandi canzoni, grande suono, grande attitudine, grande risultato. Lleroy garanzia di qualità.

15 . Desperate Living – Shame (Reptilian Records)

L’ultimo posto lo conquistano i Desperate Living ma sono sicuro che nei prossimi anni conquisteranno molte posizioni. Il motivo è che “Shame” è uscito a Dicembre e quindi non è stato molto di compagnia nel 2022 e che è praticamente un EP. Suono pestone, urla, rabbia e grunge: non manca niente.

Redazione

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