Storia dello Sludge: Savannah Swamp Metal

Savannah è una piccola città della Georgia affacciata sull’oceano Atlantico abitata da poco più di 100 mila abitanti e distante 4 ore dalla più importante Atlanta. Dal punto di vista musicale non è mai stata rilevante: nessuna band è mai entrata nella top ten, pochi i locali per ascoltare musica, nessuna etichetta discografica da segnalare. Proprio per questo negli anni 90 si è formata una piccola scena di adolescenti annoiati che provarono a portare un po’ di vita “alternativa” in questo tranquillo porto del Sud degli USA.

Spronati dal death metal e dal crust la cantante Victoria Scalisi e il chitarrista Phillip Cope fondarono nei primi anni 90 i Rogues Gallery, per poi intraprendere una direzione più dark e heavy con i Damad, genitori del Savannah-sound, ispiratori di band locali, amici e successivamente del sound heavy underground mondiale. I Damad si mossero fin da subito con furore hardcore organizzando concerti, ospitando band e creando una fitta rete di relazioni che aiuteranno a inserire Savannah nelle rotte dei tour di band crust, sludge, grindcore, hardcore e death metal.

Una piccola e lungo crinita frontwoman con una voce che buttava giù le pareti, una presenza carismatica e impossibile da dimenticare: i Damad avevano in Victoria un’arma imbattibile e riconoscibile.

Nel 1994 pubblicarono il primo demo “Hotel America” e il primo 7″ omonimo in cui proclamarono chiaramente di voler abbattare gli stereotipi sul Sud degli USA popolato da redneck ignoranti. Quella dei Damad era una missione, non solo sonora: volevano cambiare la mentalità, influenzare i giovani e creare una rete di rapporti che togliesse dall’isolamento culturale la città.

Nel 1997 pubblicarono il primo album per la leggendaria Prank Records, piccola ma agguerita label di San Francisco.”Rise And Fall” è un assalto hardcore / death metal / crust. Il sound “sludge” della band è diverso dal contemporaneo di New Orleans (leggi “Storia dello Sludge di New Orleans“): più rude, meno lento e sabbathiano e, se possibile, ancora più underground. “Rise And Fall” è una scarica di pugni in faccia di 30 minuti: nessuna concessione melodica, nessun break, nessuna ballata.

Un anno dopo la band tornò in studio per registrare quello che diventerà il secondo e ultimo album “Burning Cold”, pubblicato nel 2000 da Prank Records. Copertina iconica di Pushead, produzione di Billy Anderson e registrazione al Jam Room: serve aggiungere altro? I riff si rallentano, i suoni diventano più “schizzati” e psichedelici, le chitarre più “spesse”. Phillip Cope stava evolvendo il proprio sound in qualcosa di più del semplice sludge: non solo violenza hardcore/crust/death metal ma anche qualcosa di inafferrabile e stravagante che svilupperà concretamente dopo lo pausa che si presero i Damad.

Victoria rimase all’interno dell’underground estremo con il progetto Karst, in compagnia di Scott Cooper degli Antischism (e futuro Chronicle A/D), Matt Maggioni futuro Unpersons e David Rapp degli Institute. Chronicle A/D pubblicheranno un paio di 7″ di stampo hardcore/post-hardcore ma non arriveranno mai ad un full lenght. Gli Institute, che verso fine “carriera” cambieranno ragione sociale in Earthweedandfire, furono un combo rabbiosissimo e caotico in cui oltre a Rapp troviamo Kyle Kellogg. I due fecero parte anche dei The Jazz Intrusion, i cui dischi sono stati spacciati come oscuro ritrovamento di una band giamaicana che suonava un misto fra reggae e grind. In realtà era un gruppo di cialtroni di Savannah: oltre a Rapp e Kellogg è presente anche Jay Matheson, tecnico del suono dei già citati Jam Room, ovvero il luogo dove si è dato una forma concreta al Savannah Sound. Gli Institute pubblicarono tre album tra il 1999 e il 2003, se vi capitassero tra le mani in qualche distro (soprattutto tedesche, come la loro label) non perdeteli.

I Karst realizzarono solo un disco nel 2004 intitolato “Vision Of Insane Hope” per la newyorkese Hater Of God, portando avanti l’aspetto più heavy dei Damad fatto di grind, death metal, crust, sludge ma mostrando anche delle inedite aperture melodiche da parte di Victoria.

Successivamente Victoria abbandonerà la musica per dedicarsi alla famiglia e ritornando sui palchi per le sporadiche reunion dei Damad e con la band Lies In Stone. Purtroppo nel 2017 perderà la battaglia contro il cancro al colon lasciandoci a soli 53 anni.

Gli Unpersons sono il primo progetto palesemente ispirato ai Damad nato a Savannah. Formati nel 2000 si sciolsero nel 2007 dopo tre dischi e una manciata di singoli, vengono ricordati dai più attenti per aver condiviso uno split con i Baroness nel 2007.

E’ un peccato che ai tempi siano stati ignorati perchè il loro mix di sludge, post hardcore, mathcore è discretamente originale, meno irruento rispetto ai “genitori” e con un sound più moderno. I loro dischi furono pubblicati da una delle etichette più attente al sound post-hardcore dei primi anni 2000: At A Loss Recordings, il cui roster comprendeva nomi di culto come Meatjack (che condivisero uno split con i Damad), Cream Abdul Babar (che condivisero uno split con i Kylesa), Equity, 16, Rwake, Minsk, Black Cobra, The Body, Dark Castle, Stinking Lizaveta, Totimoshi. Purtroppo per loro, la grande quantità di uscite underground di alto livello del periodo 2000-2007 in ambito post-hardcore, ha fatto sì che il potenziale pubblico degli Unpersons non abbia mai avuto modo di soffermarsi sui dischi della band. E’ un peccato che può essere in parte assolto spulciando nel loro bandcamp.

I membri dei Damad, esclusa Victoria, più Laura Pleasants proveniente dal North Carolina ma studente al Savannah College of Art and Design, daranno vita ai Kylesa che dal 2001 al 2016 saranno il faro per le band di Savannah. Le cose non iniziarono con il verso giusto: al termine delle registrazioni del primo disco e poco dopo il primo concerto (con Mastodon, provenienti dalla vicina Atlanta, e Cream Abdul Babar) muore il bassista Brian Duke a causa di un attacco epilettico. L’esordio omonimo verrà pubblicato un anno dopo da Prank Records con grafiche e logo a cura di Pushead. Il sound è diverso rispetto ai Damad, più vicino al post-hardcore, alla psichedelia e al metal, tanto da ottenere l’interesse dell’etichetta “metal” Prosthetic Records. Per il secondo disco “To Walk a Middle Course”, prodotto da Alex Newport dei Fudge Tunnel la critica citò Neurosis, Black Sabbath, Melvins, Eyehategod, Amebix, Mastodon ma c’è tanto altro all’interno. Le doppie voci ricordano lo stile dei Fugazi, i break psichedelici iniziano a farsi largo ed è ormai impossibile inserire la band in un filone “sludge” tanto è straripante la personalità.

Con la dipartita di Brandon Baltzley i Kylesa decidono di raddoppiare acquisendo i due batteristi Jeff Porter e Carl McGinley. Registrano da sè il terzo disco “Time Will Fuse Its Worth” al Jam Room. Grazie agli estesi tour la band inizia ad allargare il proprio pubblico che scopre un disco potente ma orecchiabile, originale ma non stravagante, a fuoco ma non scontato.

Il quarto album “Static Tensions” del 2009 vede l’inserimento di Eric Hernandez da Miami, proveniente dai Capsule (leggi anche “La Scena Sludge di Miami“) al posto di Jeff Porter. La copertina è ad opera dell’amico John Dyer Baizley dei Baroness, la produzione sempre curata da Phillip Cope al Jam Room Studio. La band consegna il proprio capolavoro grazie al quale verrà ricordata nella storia della musica heavy: le strutture diventano sempre più complesse, quasi progressive, ma sono funzionali alla potenza sprigionata dalla band e ad una forma canzone sempre più efficace. Se bisogna scegliere un album a rappresentare il “Savannah-sound” è senza dubbio questo.

Il relativo successo di Static Tensions fruttò ai Kylesa un contratto per la Season Of Mist, una delle etichette più importanti in ambito metal. Con la label pubblicheranno tre dischi “Spiral Shadow” (2010), “Ultraviolet” (2013), “Exhausting Fire” (2015) e una raccolta di rarità intitolata “From The Vaults Vol 1” (2012). La band però fatica a crescere di status e dopo infiniti tour in giro per il mondo decide di prendersi una pausa nel 2016.

Nel 2017 Laura fonda i The Discussion con cui realizzerà “European Tour EP 2017”, un mini album di stampo indie/post rock/psichedelico. Phillip lo si ascolta negli Oakskin con cui ha realizzato una manciata di brani pubblicati su bandcamp, sempre nel suo stile heavy sludge.

I Baroness nascono a Savannah nel 2003 e debuttano lo stesso anno con un demo. La band pubblica due EP (intitolati First e Second) nel 2004 e nel 2005 per la Hyperrealist di Andrew Fidler dei Black Tusk. I primi lavori sono grezzi e potenti, affini allo sludge metal ma hanno già riff complessi, accordi strani e costruzioni quasi progressive. La formazione perderà anno dopo anno tutti i suoi elementi roteando intorno alla figura di John Dyer Baizley che si occupa anche dell’aspetto grafico oltre che di quello musicale. Con “Red Album” (uscito nel 2007 e anticipato dallo split con gli Unpersons) la band fa immediatamente il botto, supportata da Relapse Records che in quegli anni aveva le orecchie degli ascoltatori sempre puntate grazie ad un’incredibile sequenza di band che faranno rinascere il metal negli Stati Uniti:Mastodon, Today Is The Day, Neurosis, Agoraphobic Nosebleed, Nile, Alabama Thunderpussy, Nasum, Burnt By The Sun, Dillinger Escape Plan, Pig Destroyer, High On Fire, Rwake solo per citare i primi che vengono in mente.

“Red Album” è un album da 10 e lode, uno dei dischi che verranno citati negli anni a venire per eleganza, potenza, inventiva e un pugno di ottime canzoni. E’ un disco che usa lo sludge come materia iniziale per costruire un nuovo approccio musicale simile a quello che stavano facendo Mastodon e Kylesa: progressive, psichedelia e metal classico in perfetta convivenza come fosse la cosa più naturale del mondo. E se ora sembra “naturale” un sound di questo tipo è anche grazie a “Red Album”.

Cambi di formazione e periodi sfortunati (compreso un drammatico incidente con il tour bus nel 2012) cambieranno continuamente le coordinate sonore con album più o meno a fuoco, sempre dominati da un colore specifico. “Blue Record” (2009), “Yellow & Green” (2012), “Purple” (2015) e “Gold & Grey” (2019) sono buoni dischi, incapaci di far gridare al miracolo ma che in qualche modo contribuiscono a sviscerare la personalità tormentata e sensibile di John Baizley. Baroness è la sua creatura e come tutti i prodotti “personali” vale la regola del “prendere o lasciare”.

Nel 2005 tre giovani punk che vivevano nella stessa strada danno vita ai Black Tusk, band che si rifà spiritualmente ai Damad in versione più “giocosa” e “stoner”. Il loro sound è semplice e diretto e praticamente sempre uguale dall’esordio “Passage Through Purgatory” (2008, anticipato da una manciata di EP) ai giorni nostri. Unico cambiamento è dato dalla tragica morte del bassista e cantante Jonathan Athon a causa di un incidente con la moto. Nei primi dischi l’artwork era affidato a John Baizley e le registrazioni affettuate al Jam Room Studios, tanto per rimarcare le origini. Sono loro ad avere coniato il termine “Swamp Metal” per descrivere il proprio sound e quello locale ed è il chitarrista Andrew Fidler ad aver fondato l’etichetta Hyperrealist con cui ha aiutato Baroness, Circle Takes The Square, Memento Mori, Skeletonwitch. In “Pillars Of Ash” tributano la gloria punk locale Tank 18 coverizzando “Punkout”. Come attitudine cazzona fatta di birre, motori, barbe ricordano un’altra “zanna”: i compagni di etichetta Red Fang. Black Tusk sono l’anima punk tra le pieghe dei Kylesa.

Ancora più punk erano i Dead Yet?, con cui gli amici Black Tusk hanno condiviso uno split nel 2012. Due gli album pubblicati, entrambi di inarrestabile impatto hardcore: “Dissent The End” (2010) e “An Uncertain Decay” (2012).

Damad, Kylesa, Karst, Unpersons, Baroness, Black Tusk rappresentano il Savannah-metal nella sua forma più “professionale”, con album, tour, intrecci e ramificazioni. Sebbene solo Baroness e Black Tusk siano attualmente attivi siamo sicuri che Kylesa non resisteranno al richiamo dei palchi e dei loro fan. E chissà chi fra le nuove leve prenderà in mano la fiaccola: l’etichetta Retro Futurist, fondata dalla band di Phillip Cope, ha messo in luce alcune nuove band molto interessanti. Tra questi segnaliamo i Niche, che per quanto vicini a sonorità retro rock, ogni tanto gli scappa l’armonia, l’accordo, la progressione, lo stacco del sound locale. Ascoltate l’album “Heading East” (2015) per credere.

Lee Vallier dei Niche lo troviamo anche negli stoner/sludge Bear Fight! che non hanno mai pubblicato niente che sia andato oltre i confini cittadini ma che per fortuna possiamo in qualche modo raggiungere grazie alla preziosa miniera underground che è bandcamp:

Ai margini della scena doveroso citare i Circle Takes The Square le cui influenze però sono varie: screamo, powerviolence, posthardcore, post rock, sludge e post metal. Il primo disco “As The Roots Undo” (2003) uscito per Robotic Empire è stato pubblicato in vinile per Hyperrealist, il secondo “Decompositions: Volume Number One” (2012) per Gatepost.

Nel 2019 possiamo dire che la missione dei Damad è stata completata con successo: Savannah è nella geografia del rock e per almeno 20 anni i giovani hanno avuto di che divertirsi ascoltando e suonando generi underground, coltivando amicizie e fratellanze. Che è lo scopo principale di chi prende in mano uno strumento con onestà e passione.

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SPECIALE SLUDGE

Ascolta il podcast di Fruit Of The Doom dedicato alla scena di Savannah:

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