Cosmic Black Metal: il gelo che viene dallo spazio

E’ dal 1982 che le parole black metal sono entrate a far parte del vocabolario degli amanti della musica dura (solo per i novizi: è l’anno in cui uscì l’album “Black Metal” dei Venom); dopo qualche anno di fermentazione, il movimento è esploso in tutta la sua violenza (non solo musicale) e fino ai primi anni novanta è stato un vero e proprio oggetto di culto per i fans di tutto il mondo.

Dalla metà degli anni ’90 in poi, il black metal è diventato un genere “normale”: dischi registrati professionalmente, etichette alla ricerca delle band più “true” da appioppare al black metallaro di turno, sporadiche polemiche con le autorità ecclesiastiche locali (ma in fondo pure il Marylin Manson dei nostri giorni è ancora in grado di sobillare gli animi dei parrocchiani di turno) e soprattutto tanto fascino e mistero volati via in breve tempo.

Intendiamoci, negli anni sono usciti ottimi dischi e ottime band, forse fin troppi dischi e fin troppe band tanto da rendere difficile riconoscere la qualità o meno delle opere. Per alcuni il black metal anche nel 2018 deve essere condito da croci rovesciate, inni a Satana, teste di caprone sul palco e malvagità assortite, eppure in tanti hanno fatto vari tentativi per innovare il genere e allontanarsi da questo schema senza perdere però l’evocatività di questo tipo di musica: dalle contaminazioni industrial nate proprio negli anni ’90, alle scene nazionali sviluppatesi nel tempo dove ogni band ha cercato di portare il proprio retroterra nella musica (strumenti fokloristici, leggende e idiomi locali), sino all’avanguardismo intellettuale francese o ai colossi polacchi (forse la scena più importante del momento con band affermate come i Behemoth e band avviate sulla stessa strada tipo MGLA e Batushka); per non parlare della scena americana, frammentata e interessantissima che spazia dal misticismo naturalistico del cascadian black metal con i Wolves In The Throne Room a fare da padrini, a forme molto più oppressive e moderne di black metal, vedi Liturgy e Krallice sulla costa orientale; parliamo sempre di black metal, ma da “Deathcrush” dei Mayhem la strada fatta è parecchia.

Negli ultimi anni è apparso sulle scene un filone con tematiche spaziali, astronomiche, in alcuni casi fantascientifiche; possiamo parlare in generale di black metal atmosferico o, se vi piace, di cosmic black metal. In fondo, a ben pensarci, cosa vi viene in mente di più gelido, desolato, vuoto e violento dello spazio infinito? Allo stesso tempo lo spazio diventa monumento naturale da contemplare, divinità pagana da venerare o uno scrigno immenso in cui veicolare tutta la malvagità. Insomma, è bastato volgere lo sguardo al cielo per scoprire un nuovo mondo da raccontare anche per i black metallari dei nostri tempi.

Non stiamo certamente parlando di un trend (ma intanto gli stessi Wolves In The Throne Room qualche anno fa hanno pubblicato un album ambient intitolato “Celestite”), ma di un manipolo di band (con una curiosa liaison Australia-Italia)  che stanno tirando fuori qualcosa di un nuovo da un genere per definizione conservatore e arroccato su se stesso. La novità non sta solo nelle tematiche trattate, ma interessa anche la componente musicale: è chiaro che non mancano i riff serrati delle chitarre e i bpm ai livelli di guardia, ma gran parte di queste band incrociano “pericolosamente” la musica synth/elettronica, proprio attraverso l’abbondante uso di sintetizzatori e drum machine (con lo scopo più o meno cercato di de-umanizzare il suono), sino a vere e proprie derive ambient.

Quella che segue è una piccola carrellata di gruppi che orbitano intorno al cosmic black metal, partendo dagli inizi e arrivando fino alle ultimi uscite.

 

EMPEROR

Cito gli Emperor non perché abbiano dedicato la loro carriera ai misteri del cosmo, ma perché il filone del cosmic black metal prende musicalmente spunto dai maestri norvegesi del black metal sinfonico e se proprio vogliamo trovare tracce di polvere cosmica, potremmo citare la traccia “Cosmic Keys To My Creation And Times” del capolavoro “In The Nightside Eclipse” dove almeno dal punto di creazionistico i nostri toccano il tema del cosmo e dell’origine della vita.

 

LIMBONIC ART

Il duo norvegese non credo abbia mai sentito la necessità di utilizzare il termine cosmic black metal per parlare delle proprie opere, nè credo possano essere considerai tali, ma quando in questi ultimi anni ho iniziato ad ascoltare queste nuovo filone, mi sono tornati in mente loro, vuoi per l’utilizzo della drum machine, l’abbondante sfoggio di tastiere, la presenza di intermezzi ambient e anche in parte per le tematiche trattate. Così se vogliamo giocare a trovare gli antenati dei vari Mesarthim e compagnia bella, i Limbonic Art si possono considerare come dei parenti alla lontana.

 

THORNS

Il cosmic black metal deve tanto come già detto al black metal sinfonico, ma in egual misura deriva dall’industrial black metal della metà degli anni 90. In questo filone, che seguì quasi subito la prima ondata di band black metal (segno che la contaminazione tra i due mondi arriva da lontano), meritano una citazione i Thorns, non a caso autori di uno storico split album con i connazionali Emperor (“Thorns vs Emperor” del 1999). Il progetto nasce nel 1990 ad opera di Snorre W. Ruch che si occupa di tutto, compresa l’immancabile drum machine. Parliamo di un personaggio ben dentro alla scena del “true norwegian black metal” sia da un punto di vista musicale (ha pubblicato su Moonfog Productions e lo stile chitarristico e compositivo richiama quel mondo) che della cronaca nera, tanto da finire condannato per favoreggiamento al processo per l’omicidio di Euronymous dei Mayhem. Oltre allo split di cui sopra, ricordiamo l’unico omonimo full lenght del 2001.  Il progetto è tutt’ora attivo sotto il nome di Thorns LTD ed è dedicato essenzialmente a musica ambient. Echi della musica della prima fase dei Thorns ritornano ancora oggi nei lavori di cui parleremo più avanti.

 

 

DARKSPACE

Questi tre ragazzotti svizzeri hanno tutti i crismi per essere considerati la prima band cosmic: riff serratissimi e a tratti caotici, drum machine, tastiere a creare un tappeto di sottofondo (e tali restano senza diventare mai dominanti come in altri progetti che vedremo), tematiche spaziali (a partire dal nome della band stessa), intermezzi ambient, urla filtrate e raggelanti che sembrano provenire veramente dallo spazio più oscuro e profondo. Amanti degli artwork minimali e dei bpm a livelli disumani (tanto ci pensa la drum machine), i Darkspace sono nati alla fine dello scorso millennio e hanno debuttato nel 2003 con “Darkspace I“, un disco con momenti quasi industrial soprattutto nell’utilizzo delle chitarre, dalla produzione scarna, ma dal potente impatto sonoro; nel 2005 è arrivato “Darkspace II” e nel 2008, la band ha pubblicato “Darkspace III” con l’etichetta milanese Avantgarde Music (da sempre molto attenta al miglior black metal atmosferico in circolazione) che ha fatto uscire anche “Darkspace III-I” nel 2014, lavoro dalla produzione nettamente migliore rispetto agli inizi, ma che non ha perso un’oncia dell’aggressività e dell’approccio estremo alla materia.

A differenza di molte band del genere, i Darkspace sono tra le poche che si esibiscono anche live seppur raramente. Se vi capita, non perdeteveli.

 

MIDNIGHT ODYSSEY

One man band australiana , i Midnight Odyssey hanno fin qui pubblicato due album sulla lunga distanza, “Funerals From The Astral Spheres” del 2011 e “Shards Of Silver Fade” del 2015, oltre a vari split e compilation (in una di queste è finita dentro la loro cover di “Cosmic Keys To My Creations And Times” degli Emperor che abbiamo ascoltato prima). La band australiana pubblica attraverso un’altra etichetta italiana molto attenta a tutta l’avanguardia black e death metal ovvero I, Voidhanger Records. Lo stile dei Midnight Odyssey fa della magniloquenza e della contaminazione con musica elettronica tipo dark/synthwave due dei suoi punti forti; album lunghissimi (entrambi oltre le due ore), alternanza tra voce pulita, piuttosto epica e screaming meno disperato e glaciale rispetto a quanto visto fino ad ora e tappeto di tastiere ad impreziosire il tutto. Ritmi meno vertiginosi rispetto ai padrini svizzeri (anzi prevalgono di gran lunga le parti lente o mid-tempo), ma parliamo comunque di musica impegnativa e non per tutti: proprio come un viaggio nello spazio.

 

PROGENIE TERRESTRE PURA

Italiana la band, italiana l’etichetta (sempre Avantgarde Music); i Progenie Terrestre Pura nascono nel 2009 e hanno sin qui prodotto due full lenght (“U.M.A.”, acronimo di Uomini Macchine Anime, del 2013 e “oltreLuna” che abbiamo inserito nei migliori dischi black metal del 2017) e due EP. La loro musica è un lungo viaggio nello spazio tra black metal, parti ambient e momenti electro/industrial. Il tutto in salsa sci-fi con una voce filtrata, ma non urlata, bensì quasi “sussurrata” o comunque lasciata nelle retrovie, come potremmo immaginare una voce aliena distante milioni di anni luce, che prova a raccontarci il suo mondo. Splendida produzione, splendida la scrittura e splendidi gli arrangiamenti per un risultato finale in cui la componente umana si fonde alla perfezione con la parte meccanica/robotica. Il metal proiettato nel futuro.

 

MARE COGNITUM

Altra one man band, ma in questo caso americana, mentre l’etichetta è sempre italiana (I, Voidhanger). Forti di 4 album di cui l’ultimo del 2016 è “Luminiferous Aether“, i Mare Cognitum prendono principalmente ispirazione dagli Emperor con un approccio ai limiti del progressive nel costruire i brani, ma non mancano riff serrati e melodici in tipico stile swedish; la creatura di Jacob Buczarski è l’ideale per chi vuole approcciare il cosmic black metal senza cadere in eccessive derive ambient/dark/synthwave. Insomma black metal a tutto tondo, ben suonato e con eccellenti trame di chitarristiche, ma devozione completa per il cosmo e lo spazio veri capisaldi del concept della band.

 

MESARTHIM

Dei Mesarthim e di alcune delle band citate abbiamo già parlato qui in occasione dell’uscita dell’ultimo album “The Density Parameter“, pubblicato quest’anno da Avantgarde Music. Tra le band più prolifiche in questo filone, il duo australiano ha all’attivo diverse pubblicazioni in formato fisico e digitale caratterizzate da black metal a tratti disperato contaminato da un larghissimo uso di sintetizzatori; si passa da momenti molto intensi e veloci (con richiami allo stile dei Wolves In The Throne Room) a mid-tempo evocativi e intervalli ambient.

La band, nata nel 2015, è al terzo lavoro sulla lunga distanza; curioso il titolo del secondo album di cui qui sotto potete ascoltare un estratto, che consiste nel codice morse usato per la parola “Absence“codice utilizzato poi anche per i titoli dei brani che compongono il disco.

Ai lavori sulla lunga distanza si aggiungono numerosi EP e la curiosità è che per l’artwork di copertina di ogni disco è sempre stata selezionata una foto (di solito bellissima) estratta dall’archivio ufficiale della NASA, l’agenzia aerospaziale americana.

 

LEFT HORN OF THE RAM

Questa band altro non è che una diversa incarnazione dei Mesarthim, essendo i due misteriosi musicisti gli unici membri di entrambe le band. A conferma della prolificità degli australiani, pochi giorni dopo l’ultimo lavoro della band principale, è uscito l’EP di esordio “Final Moments Of A Dying Star” che potete ascoltare integralmente di seguito. Black metal lento ed evocativo, epico direi (ma d’altra parte vi vengono in mente eventi più epici della morte di una stella?) magistralmente supportato dal lavoro dei synth tanto da sfociare, in più momenti, in una forma di dark/synthwave spaziale come già visto per i Midnight Odyssey.

 

ALRAKIS

Ci spostiamo in Germania, dove a Berlino, dal 2007 è attivo Alrakis, progetto che ruota attorno alla figura di A1V. L’approccio della band richiama il filone depressive (il viaggio nel cosmo come totale e disperata immersione nel gelo spaziale) con tempi lenti e dilatati, produzione scarna e voce disperata in un mix che richiama i lavori di Xasthur (uno dei padri del depressive black metal); a questo si aggiungono cenni di astronomia (titoli come NGC 6611 che è il nome astronomico della Nebulosa Aquila parlano chiaro). Due gli album all’attivo fino ad ora e il secondo “Echoes From η Carinae” (Eta Carinae è una stella binaria situata nella costellazione della Carena) è appena uscito su Self Mutilation Services; composto da un’unica suite di 52 minuti che si divide tra ambient, drone e black metal, potete ascoltarlo al seguente link.

 

BEZMIR

Bezmir è uno dei progetti del musicista ucraino Severoth, la cui band più “famosa” sono probabilmente i Severoth stessi dediti ad un ambient/black metal devoto ai primi dischi di Burzum (se siete appassionati del genere vale la pena ascoltare l’ultimo lavoro della band “Forestpaths” del 2017). I Bezmir hanno fino ad ora pubblicato un unico lavoro “Void” via Werewolf Promotion, uscito lo scorso anno. Ritorniamo nei ranghi di un black metal “classico” basato soprattutto sulle chitarre zanzarose al punto giusto, mid-tempo guerreschi che si alternano alle classiche sfuriate a dimostrare come lo spazio si possa raccontare in molti modi diversi. Rimane un sottofondo di tastiere (che emergono solo a tratti) e qualche intermezzo ambient/noise per un risultato finale meno evocativo a mio modo di vedere rispetto ad altre band citate in questo articolo e molto debitore ai Darkspace, ma se siete allergici all’eccessivo uso di sintetizzatori, ai Bezmir potete avvicinarvi senza paura.

 

ASTRAL SILENCE 

Torniamo in Svizzera, per questa one man band che si colloca in un’area vicina ad Alrakis grazie ad una forte componente depressive sancita per lo più da ritmi cadenzati, voce spesso appena accennata, come un disperato e flebile sussurro cosmico, e tastiere solenni. Potremmo anche parlare in alcuni momenti di funeral cosmic doom, ma direi che con i neologismi ci siamo già divertiti abbastanza. All’attivo la band ha due album in dieci anni di attività con il supporto dell’etichetta russa Kunsthauch.

 

THE LOST SUN

Una terra molto recettiva per l’ambient/black metal è ormai da anni la Russia, all’interno del cui territorio sconfinato sono nati vari progetti, per lo più one man band, dedite al genere. Tra queste, alcune puntano gli occhi al cielo, come i  The Lost Sun, nati nel 2015 e con all’attivo un full lenght autoprodotto “Spectral Voice From Newborn Star” per coordinate stlistiche in zona Alrakis e Astral Silence.

 

Altro nome da considerare per i più curiosi sono i Basarabian Hills, one man band  moldava che unisce la synthwave al black metal in maniera davvero convincente, ma attenzione, qui la componente synth domina e le sfuriate black metal con tanto di voce iperfiltrata, rimangono veramente in sottofondo per un risultato finale decisamente particolare. Non siamo proprio dentro al filone cosmic come tematiche, ma la musica c’e’ tutta e comunque meritano un ascolto.

 

In definitiva il cosmic black metal che apparentemente potrebbe racchiudere un piccolo manipolo di band tutte molto simili tra loro, se osservato e ascoltato attentamente mostra varie sfaccettature; ognuno può trovare il suo modo per iniziare il proprio personale viaggio nello spazio infinito.

 

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