Metalsploitation: 25 Film Metal Da Non Perdere

A cura di Massimo Perasso e Francesco Traverso

I recenti “A Star Is Born” e “Bohemian Rhapsody” hanno risvegliato l’interesse del pubblico verso film di carattere musicale portando al cinema sia appassionati che non per godere di una favola sonora di un’ora e mezza. Sono entrambi titoli orientati alla massa ma, recentemente, anche un genere spesso messo ai margini come il metal ha avuto la sua piccola rivalsa con il film “Lords Of Chaos”, dedicato alle gesta dei Mayhem. In più recentemente Netflix ha annunciato il film sui Motley Crue intitolato “The Dirt”. Chissà se in futuro la “metalsploitation” si rivelerà essere un genere da sfruttare (storie eclatanti ce ne sarebbero) oppure sarà solo un caso.
In questa lista abbiamo selezionato 25 film “metal”: documentari, biografie, commedie, horror e drammatici. Protagonisti borchie, chitarre elettriche, capelli lunghi e batteristi esplosivi (in ogni senso). Mettetevi comodi e horns up!!!!!

Lords Of Chaos (2018)

La storia di Euronymous e Burzum è una delle più interessanti del mondo musicale: poche volte la musica è stata realmente importante nelle vite delle persone, così tanto da farle perire in qualche modo proprio per colpa della musica stessa. Da una parte la loro storia meritava un film, dall’altra è talmente “oltre” che non poteva essere esposta per intero. Anche i libri sul black metal spesso perdono l’elemento malvagio preferendo concentrarsi sul fatto che fossero dei “bimbiminkia nerd”. Dal punto di vista delle persone “normali” il metallaro è visto come uno spossato, un reietto, un emarginato, un giocatore di giochi di ruolo che si ribella all’ipocrisia della società che lo circonda attraverso l’ascolto di dischi che inneggiano al fuoco, alla guerra, all’anti cristianesimo, alla morte. Il black metal è un movimento underground, nato e sviluppato attraverso una ristretta cerchia di metallari provenienti dalle stesse zone. Il black metal dei Mayhem fu la miccia che non solo innescò l’incendio di chiese ma anche una rivoluzione sonora e spirituale che continua ancora oggi. Nel film “Lords Of Chaos” molte cose vengono perse, sfumate o semplicemente ignorate preferendo percorrere la strada della vittima (Euronymous) e dei folli emarginati attorno a lui (Burzum e tutto l’Inner Circle). La storia “vera” è molto complessa (e include molti personaggi non presenti nel film) e vi consiglio di farvi una vostra idea leggendo libri e articoli e, ovviamente, ascoltando dischi, oltre che vedendo Pure Fucking Mayhem, documentario “ufficiale” sulle vicende. “Lords Of Chaos” è un punto di vista, con alcune licenze per far quadrare la storia (Burzum fondamentalmente è il “soldato palla di lardo” di Full Metal Jacket) ma va visto. Intanto perchè alcune scene sono parecchio forti (il suicidio di Dead, l’accoltellamento di Euronymous) e poi perchè le ricostruzioni “visive” sono fatte piuttosto bene. Le chiese che bruciano, i Mayhem in studio (per me potevano fare tutto il film solo con le registrazioni di De Mysteriis), il negozio di dischi Helvete e tante altre chicce sparse che i veri cultori riconosceranno al volo. Bisogna solo soprassedere sul fatto che nel film Euronymous sia il classico bravo ragazzo di buona famiglia che ascolta e suona musica stravagante e che ogni tanto si abbia l’impressione di vedere “Mamma ho perso l’aereo” in versione metal.

Metalhead (2013)

Una famiglia islandese non riesce ad accettare la morte del figlio più grande, amante dell’heavy metal di Iron Maiden, Megadeth, Judas Priest. Madre e padre vanno in depressione mentre la sorella Hera ne porta avanti il messaggio musicale diventando una metallara problematica guardata con sospetto dalla piccola comunità locale. Con la notizia dei roghi di chiese in Norvegia, Hera diventerà definitivamente una black metallara con tanto di corpse paint e demo brutale registrato in solitaria. “Metalhead” (titolo originale “Málmhaus”) è una storia drammatica, spirituale ed emotiva, che usa il metal per scavare a fondo nei sentimenti più controversi che ci assalgono durante la crescita. Un film profondamente black metal ma che sporcherà di lacrime il corpse paint dei più duri.

Some Kind Of Monster (2004)

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Pur essendo innegabile l’importanza dei Metallica nel mondo metal, dal punto di vista musicale sono anni che la band ha esaurito le proprie cartucce. Per alcuni i Metallica finiscono con la morte di Cliff Burton, altri arrivano al Black Album. Pochi hanno perdonato Load e Reload. Ancora meno persone hanno adorato St Anger. Ma dal punto di vista del marketing sono indubbiamente dei geni (del male). “Some Kind Of Monster” doveva documentare la creazione di St Anger, sullo stile voyeur del Grande Fratello, in voga in quegli anni. Ma, per loro (s)fortuna i problemi iniziano ad arrivare poco dopo aver acceso le telecamere: la mancanza di un bassista, i problemi alcolici di James Hatfield, le follie da star, l’incapacità di suonare decentemente, le tormentate relazioni fra membri. Il risultato è un documentario su un gruppo staccato totalmente dalla normale realtà ma capace di risollevarsi e andare avanti nonostante tutto. Ma, detto sinceramente, il bello è guardarlo più da hater che da fan, facendosi della grasse risate su di loro. Ma anche gli hater alla fine della visione non potranno che guardare la band con un po’ più di simpatia e, chissà, perdonargli anche i numerosi passi falsi.

This is Spinal Tap (1984)

Può il film più fictional di tutti essere il più realistico? Si se parla di una heavy metal band. Stereotipi a gogo, interviste dissacranti, concerti spassosissimi, canzoni con testi assurdi: questo è “Spinal Tap“!!! Se dovete vedere un film sul rock la vostra scelta deve essere questa, senza se e senza ma. Un film talmente riuscito che è diventato uno stereotipo esso stesso, talmente azzeccato da trasformarsi in realtà. Inutile raccontarlo: ogni scena è da Oscar. Se suonate in una band guardatelo assieme ai vostri compari! E ricordatevi: il volume dell’amplificatore sempre a 11!

The Decline Of Western Civilitazion Part II – The Metal Years (1988)

Dopo aver diretto il documentario “The Decline Of Western Civilization” dedicato alla scena punk di Los Angeles, la regista Penelope Spheeris torna sul luogo del delitto per occuparsi dei metallari. Ozzy Osbourne, Alice Cooper, Steven Tyler e Joe Perry degli Aerosmith, Megadeth, Chris Holmes dei W.A.S.P., Paul Stanley e Gene Simmons dei Kiss, Lemmy Kilmister dei Motörhead, Poison, London, Tuff, Faster Pussycat, Lizzy Borden, Vixen, Odin sono alcuni dei nomi intervistati per testimoniare le loro esperienze all’interno della scena metal/glam losangelina degli anni d’oro. Ne viene fuori uno spaccato drogato, ubriaco e degradato, testimoniante (suo malgrado) gli ultimi lampi di una scena che verrà spazzata via dall’arrivo del grunge e dell’alternative.

Heavy Metal Parking Lot (1986)

Avete presente le interviste fuori dallo stadio prima dell’inizio delle partite realizzate dalle tv regionali? Ecco, “Heavy Metal Parking Lot” è praticamente la stessa cosa ma prima di un concerto dei Judas Priest. Filmato da Jeff Krulik e John Heyn il documentario dura poco meno di 20 minuti, allungato fino a due ore nelle recenti ristampe in DVD, dopo essere circolato per vent’anni come bootleg tra gli appassionati. In quei pochi minuti si assapora l’eccitazione, la follia, il divertimento prima di un grosso concerto metal e testimonia come il pubblico sia importante quanto i performer. I due in seguito hanno replicato con Neil Diamond Parking Lot e Harry Potter Parking Lot, infine hanno realizzato una mini serie. Ma questo primo e incosapevole episodio rimane un must!

Wayne’s World (1992)

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Non si può dire che “Wayne’s World” sia un film metal al 100% ma l’intenzione era quella di portare negli schermi cinematografici le gesta di metallari un po’ spostati, ispirati da uno sketch del Saturday Night Live con protagonisti Mike Meyers e Dana Carvey. La produzione chiama Penelope Spheeres, in quanto regista esperta di metal (avendo girato The Decline Of Western Civilization), la quale riesce a tirare fuori a fatica un prodotto mainstream sgangherato. Il risultato è di culto: chi non ricorda la celebre scena in macchina in cui i protagonisti mimano (maldestramente) “Bohemian Rhapsody”? Ma il film è ricco di tante chicche qua e là per gli amanti dell’hard & heavy (la presenza di Meat Loaf e Alice Cooper, per esempio). “Fusi di Testa” (questo il titolo in italiano) è una commedia leggera ma che non manca di regalare più di un sorriso, soprattutto agli amanti della musica hard & heavy.

Airheads (1994)

Tre ragazzi metallari vogliono far sentire il loro demo alle case discografiche. A tutti i costi. Cercano appuntamenti con case discografiche, manager e pezzi grossi ma vengono sempre rimbalzati. Pur di essere ascoltati, a causa di una discreta sequenza di ingenuità e complicazioni, finiscono per diventare dei terroristi che tengono sotto sequestro una radio locale. Inneggiando al potere del rock and roll e alla libertà di espressione diventeranno gli idoli della città, benedetti persino da Lemmy (citato nell’epocale battuta “Chi vincerebbe facendo a lotta: Lemmy o Dio?” “Dio!? Lemmy!” “Sbagliato! Lemmy E’ Dio!”). Steve Buscemi ruba l’aspetto a Rex Brown dei Pantera, Brandan Fraser sembra uscito da una band di Seattle e Adam Sandler in uno dei suoi primi ruoli: in una parola “culto”. Un film tipicamente anni 90, amatissimo dagli adolescenti del periodo che credevano di poter cambiare il mondo con la musica e il potere deflagrante del rock! Visione obbligatoria.

The Stoned Age (1994)

The Stoned Age” è un film praticamente invisibile in Italia: andò in onda qualche volta sulla vecchia TMC2 e non è mai stato stampato in DVD o Bluray. Pur non essendo un capolavoro, è un gran peccato, anche solo perchè film di questo tipo non abbondano. Ambientato negli anni 70, tra feste, concerti e college è un po’ la versione rock tamarra di Dazed And Confused (1993), con gran finale dedicato ai Blue Öyster Cult. “The Stoned Age” è recitato da attori poco carismatici, ha un budget risicatissimo, un plot prevedibile e sequenze di battute stereotipate ma per qualche oscuro motivo trasmette un certo fascino (buona parte per merito di China Kantner), anche se per lo più “weird” . Adattissimo (come si evince dal titolo) a tutti gli stoner metallari. E forse a nessun altro. Se fosse una band sarebbe uscita dal catalogo Riding Easy.

Detroit Rock City (1999)

Come “Stoned Age” anche “Detroit Rock City” è ambientato negli anni 70. Andrebbe quindi inseribile in un ipotetico filone “hard rock” e “proto metal”, ma la tematica descritta dal flm e la “sfiga” dei ragazzi è sostanzialmente quella del metallaro medio, uguale oggi come quarant’anni fa. La trama è molto semplice: quattro amici decidono di andare ad un concerto dei Kiss ma, ovviamente, durante il film succederà qualunque cosa per non fargli realizzare la missione. Assolutamente da citare la meravigliosa colonna sonora con il meglio dell’hard & heavy degli anni 70 (Van Halen, Black Sabbath, Thin Lizzy, Cheap Trick, Sweet e, ovviamente Kiss) e un paio di presenze moderne (Pantera, The Donnas ed Everclear) che coverizzano vecchi classici. Un altro di quei film leggeri che uscivano negli anni 90 ma che rimangono nel cuore.

Morte a 33 Giri (1986)

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L’emarginato adolescente metallaro Eddie viene bullizzato e ridicolizzato dai compagni di liceo, fino a quando, tramite un vinile “magico”, evoca Sammi Curr, sfrontato cantante morto in un rogo in un albergo e criticato dall’opinione pubblica per gli atteggiamenti estremi, che lo aiuterà a vendicarsi. Ma la vendetta, ovviamente, andrà velocemente fuori controllo. “Morte A 33 Giri” è un filmetto anni 80, ingenuo e farcito dei classici clichè adolescenziali del periodo e che viene ricordato ancora oggi esclusivamente per il suo retroterra metal e per le comparsate di Ozzy (nei panni di un reverendo bacchettone) e di Gene Simmons (in quelli di un dj radiofonico).

Black Roses (1988)

Andiamo nel trash underground con “Black Roses”, adatto a tutti i nostalgici dell’immaginario visivo della seconda metà degli anni 80. Capelli cotonati, bulli, mostri di lattice, effettacci, recitazione inesistente, pretesti casuali rendono “Black Roses” affrontabile solo con tantissimi pop corn e parecchia voglia di staccare il cervello. L’equivalente cinematografico di un disco dei Gwar. La trama? Un gruppo chiamato “Black Roses” durante un concerto trasforma il pubblico di ragazzini in rockettari, ma anche in mostri demoniaci. Musica di Carmine Appice che partecipa anche al film.

Rock ‘N’ Roll Nightmare (1987)


Oltre a “Black Roses” segnaliamo un’altra chicca a firma Joe Fasano: “Rock’n’Roll Nightmare“, prodotto, scritto e recitato da Jon Mikl Thor (frontman dei Thor), che partecipò anche al precedente e anche lui cultissimo Zombie Nightmare. Un film praticamente invisibile da noi ma che è un autentico monumento del cinema povero, artigianale e, a suo modo, demenziale, un po’ come il primo La Casa di Sam Raimi. Da vedere lo stesso pomeriggio in cui deciderete di gustarvi “Morte a 33 Giri” e “Black Roses”, per tuffarvi pienamente nelle irripetibili e inimitabili atmosfere anni 80. Quelle vere, non i remake alla Stranger Things.

Deathgasm (2015)

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Prendete il Peter Jackson degli esordi (Bad Taste e Brain Dead), aggiungetegli le situazioni paradossali e comiche di Shaun Of The Dead (L’Alba Dei Morti Dementi), aggiungete una valanga di metal e avrete DEATHGASM! Un metallaro tranquillo ma devoto al sound estremo forma una band con due nerd giocatori di ruolo e un trve metallaro: si ritrovano a suonare l’Inno Nero, una musica che evoca demoni e inferno sulla terra. Deathgasm è stupendo non solo per il divertimento che genera (attenzione bisogna essere dotati di stomaci forti) ma per tutte le infinite chicche sul metal di ogni genere: black, death, grind, doom, thrash ma non solo! Un film che sembra il sogno di ogni metallaro ma anche uno dei migliori horror-commedia degli ultimi anni.

Heavy Trip (2018)


Recentemente è stato pubblicato uno studio che sostiene che gli ascoltatori di Death Metal siano in realtà dei bravi ragazzi e non dei maniaci sbudellatori di vergini. E più o meno è il messaggio che il regista cerca di far passare in “Heavy Trip”. Il film narra l’odissea di una band death metal finlandese imbranata ma decisamente appassionata che cerca spasmodicamente di suonare in un festival metal norvegese. “Heavy Trip” è un film strano: girato con poco budget e dotato di sentimenti piuttosto freddi rispetto ai nostri standard ma, pur diventando verso la fine più un cartone animato che una storia realistica, si fa voler bene. Protagonisti molto efficaci e contorno un po’ sagra di paese rendono “Heavy Trip” una via di mezzo fra Spinal Tap e Airheads. Adatto per un pomeriggio di relax.

Heavy Metal (1981)

“Heavy Metal” è un film di animazione canadese che si ispira all’omonima rivista americana a tema pulp, fantasy e sci-fi. Il genere musicale c’entra poco ma le ambientazioni sembrano uscite dalle copertine dei dischi hard & heavy del periodo. Psichedelico e visionario come pochi merita una visione da parte del pubblico più lisergico, mentre la colonna sonora è di gran classe con Black Sabbath, Blue Öyster Cult, Nazareth, Grand Funk Railroad, Trust, Cheap Trick, Journey e Devo. Un prodotto che sembra ancora più datato di quello che è realmente, ma dotato di un fascino tutto suo.

Rock Star (2001)

Praticamente ogni film di questa lista cita i Judas Priest in qualche scena: che sia un testo, un disco, una canzone, una maglia, la band di Rob Halford, al pari di Iron Maiden e Metallica, è quella che più ha colpito l’immaginario dei registi metallari. “Rock Star“, forse il film a più alto budget a tema metal, racconta la storia di Izzy, super fan della band Steel Dragon, cantante nella cover band “Blood Pollution” a loro ispirata. Izzy finirà per diventare il cantante della band dei suoi sogni, perdendosi nei deliri di eccessi da, appunto, rock star. La trama è, ovviamente, ispirata alla storia di Tim Owens, reclutato dai Judas Priest proprio in una serata in cui si esibiva cantando loro cover ma il sound degli Steel Dragon è decisamente più orientato al glam anni 80 . Cast di altissimo livello: Mark Wahlberg, Jennifer Aniston e, soprattutto, Zakk Wylde, Myles Kennedy e tantissimi musicisti della scena di Los Angeles. Un film forse troppo patinato e fondamentalmente innocuo ma consigliato agli amanti di certo hard&heavy ottantiano.

Heavy Metal in Baghdad (2007)

Una delle cose più sorprendenti dell’heavy metal è il fatto di aver attecchito a qualunque latitudine ed in qualunque situazione. Cercate il posto più sperduto che vi viene in mente e lì troverete un gruppo, una minuscola label o una maglietta degli Iron Maiden. Esiste una scena metal in Iraq? Forse no, ma esiste un manipolo di ragazzi che a partire dai primi anni 2000 ha provato a crearne una. Il film, targato VICE, racconta la storia degli Acrassicauda, una giovane band di basilare thrash metal, e le loro vicissitudini legate al periodo storico iracheno, dalla caduta del regime di Saddam alla scoppio della guerra civile, sino alla fuga in Siria e alla registrazione di “The Damascus Demos“. Logistica complicatissima, sala prova bombardata, pressoché nulli contatti con il resto del mondo eppure grazie ad una passione smisurata e ad una tenacia invidiabile gli Acrassicauda portano avanti il loro sogno tra colpi di mortaio e bande armate. Un esempio moderno di resistenza civile.

Anvil! The Story of Anvil (2008)

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Gli Anvil ebbero il loro momento di fama mondiale negli anni 80, quando l’heavy metal era all’apice della popolarità, ma nel giro di poco tempo la band finì nel dimenticatoio sino a che il regista Sacha Gervasi (ex roadie della band) decise di rispolverare la loro storia. Il film racconta la vita dei fondatori Robb Reiner e Steve “Lips” Kudlow ormai cinquantenni alle prese con una quotidianità ordinaria fatta di famiglia, lavoro e bollette da pagare. I due però non hanno mai mollato la presa e, seppur con un seguito ridotto, hanno continuato incessantemente a pubblicare dischi e fare tour. Il film è un inno alla passione di questi musicisti che pur di continuare a vivere il loro sogno sono disposti ad attraversare un oceano per suonare in un pub davanti a poche decine di persone, si espongono al rischio di non venire pagati e si affidano a tour manager a dir poco pittoreschi. Una celebrazione senza retorica (non mancano i momenti veramente difficili) dell’amore per il metallo pesante.

Iron Maiden: Flight 666 (2009)

In questo docufilm, il regista Scott McFayden e il filmmaker antropologo Sam Dunn (li ritroveremo anche più avanti) raccontano un’impresa storica: un tour mondiale in cui band, tecnici, manager e persone coinvolte a vario titolo si muovono tutti a bordo dello stesso aereo, un Boeing 757 griffato Iron Maiden e rinominato Ed Force One. Una sorta di organizzazione do it yourself, ma di dimensioni mastodontiche. Bruce Dickinson veste i panni del pilota e ovviamente del front man quando la band è sul palco. Così tra fan in delirio in ogni parte del mondo (e ritorna lo stupore per quanto sia forte la voglia di metal nei cosiddetti paesi in via di sviluppo), routine da tour, grandi concerti e più di 60.000 km percorsi, i Maiden, pur con un pizzico di autocelebrazione, ci portano dietro le quinte del loro show con la semplicità e la professionalità che da sempre li contraddistinguono. Un film per gli appassionati della vergine di ferro e per chi è curioso di capire, almeno in parte, l’organizzazione di un tour mondiale di queste dimensioni.

Metal: A Headbanger’s Journey (2005)

Gli stessi autori del film sui Maiden esordirono qualche anno prima con questo docufilm in cui l’heavy metal viene approcciato quasi come una materia universitaria. Infatti, Sam Dunn è antropologo e prova a descrivere il mondo metal in modo accademico andando a scoprirne origini, retroterra culturale, usi e costumi proprio come la sua disciplina impone. La carrellata di artisti intervistati e ripresi ripercorre praticamente tutta la storia del genere, dagli albori con i Black Sabbath, sino alle band più moderne come Lamb Of God e Slipknot, passando per un disponibilissimo Ronnie James Dio, un Dee Snider prevedibilmente guascone ed un Necrobutcher ubriachissimo più che antipatico. Non mancano nemmeno le digressioni sulle derivazioni più estreme del metal che permettono di considerare il lavoro esaustivo. Il risultato finale non fa gridare al miracolo, ma il film si fa vedere volentieri. I vecchi metallari lo troveranno un po’ semplicistico e non scopriranno cose nuove, le nuove leve potrebbero invece farsi un’idea della storia pluridecennale di un genere musicale ormai immortale.

Until The Light Takes Us (2008)

Se cercate un documentario sul black metal che non sguazzi nel sensazionalismo becero questo è quello che fa per voi. Il controcanto a “Lords Of Chaos” (insieme a “Pure Fucking Mayhem” di cui parleremo dopo). Il film ruota attorno alla figura di Fenriz dei Darkthrone, probabilmente uno dei musicisti più appassionati dell’intera scena norvegese e a quella di Varg Vikernes, ovvero Burzum, intervistato per diversi spezzoni del film all’interno del carcere in cui all’epoca si trovava. I registi Aaron Aites (prematuramente scomparso nel 2016) e Audrey Ewell confezionano un lavoro dallo stile molto asciutto e neorealistico. Le vicende dell’inner circle vengono sostanzialmente ripercorse senza un rigoroso ordine cronologico, ma i protagonisti (soprattutto Varg) sono spogliati da quell’aura di malefico mistero a cui siamo abituati. L’impressione è di trovarsi di fronte a persone con idee estreme, ma non alla banda di ragazzini satanisti che ci è stata raccontata. E’ sicuramente il docufilm che meglio entra nella filosofia black metal. Imperdibile il finale con una performance di Frost dei Satyricon, tra l’altro girata a Milano, da brividi.

Pure Fucking Mayhem (2008)

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Sempre nel 2008, arriva questo documentario biografico sui Mayhem. Attraverso le interviste ai membri attuali e passati viene ripercorsa la storia del gruppo. Non si aggiunge nulla di nuovo a quanto già noto, ma è sempre bene sentire la storia raccontata da chi l’ha vissuta in prima persona. Interessanti l’intervista ad Attila Csihar (testimonianza che manca in “Until The Light Take Us“) e il fatto che con il racconto si arriva un po’ più avanti rispetto ai soliti misfatti, ovvero sino alla pubblicazione di “Ordo Ad Chao” del 2007. Un lavoro per i fan del gruppo e per chi vuole farsi un’idea più completa dopo aver visto “Lords Of Chaos“.

Full Metal Village (2007)


Full Metal Village” è indubbiamente un lavoro particolare: il regista tedesco di origini sud coreane Cho Sung-Hyung ci porta nel piccolo villaggio di Wacken, 1800 anime nel nord della Germania, dove la vita scorre tranquilla tra allevamenti di vacche e vita contadina. Gli abitanti (per lo più coppie di anziani) si preparano alla calata di decine di migliaia di metallari per il festival Wacken Open Air, forse il festival di genere più famoso al mondo (ve ne avevamo parlato in questo speciale sui migliori festival metal europei). Quello che emerge è come due realtà così diverse riescano a convivere e a mischiarsi pacificamente per qualche giorno all’anno. Un film che ha poco a che fare con il metal in quanto tale, infatti solo nell’ultima mezz’ora si entra nell’atmosfera festivaliera, ma che dà un punto di vista inedito su quella che può essere considerata la mecca dei metallari di tutto il mondo.

Slave To The Grind (2018)

La storia del grindcore racchiusa in poco più di novanta minuti. Come normale, in così poco tempo, è difficile fare una panoramica dettagliata sulla scena più politica, musicalmente violenta e sperimentale nell’ambito del metal estremo, eppure, questo docufilm di Doug Brown lancia molti spunti interessanti. Si inizia con i dettami tecnici del genere (ovvero il blast beat e le sue varianti) e con i padri fondatori (Napalm Death, Repulsion, Terrorizer, Agathocles, Brutal Truth) per arrivare sino al grindcore del futuro, quello infarcito di elettronica degli Agoraphobic Nosebleed. Non poteva mancare un passaggio al più importante festival di genere, ovvero l’Obscene Extreme, raduno ceco interamente incentrato sul grindcore e dintorni, oltre ad un occhio alle scene di tutto il mondo (sono pochi minuti ma si intuisce perfettamente la meravigliosa follia della scena giapponese). Viene infine reso il giusto tributo a due importanti figure per il genere, ovvero Mieszko Talarczyk dei Nasum (morto durante lo tsunami che colpì l’oceano Indiano nel 2004) e Jesse Pintado (Napalm Death, Terrorizer) morto nel 2006. Non solo questo, ma anche molto altro, in un documentario appassionato che trasmette bene lo spirito di un genere più vicino all’intransigenza dell’hardcore punk che alla teatralità più o meno maligna del metal.

BONUS:

Death Metal (2016)

Spassoso e splatter cortometraggio con protagonista uno sfigato death metallaro e la sua “magica” chitarra:

Redazione

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