Shawn Smith, il segreto nascosto di Seattle

di Francesco Traverso

Sarebbe stato bello scrivere questo speciale con Shawn Smith ancora in vita, celebrarne la carriera nella speranza di ascoltare presto un nuovo disco dei Brad o magari di vederlo dal vivo. Invece, questo diventa purtroppo solo un modo per ricordarlo e farlo scoprire a chi ancora non lo conosce perché Shawn Smith è morto lo scorso 3 aprile a soli 53 anni. Non avremo nuovi dischi, né nuovi concerti per cui non resta che tuffarci nella sua discografia per rendergli un sentito omaggio.

Smith nato nel 1965 a Spokane (Washington), inizia a sviluppare la sua carriera musicale a Seattle verso la fine degli anni 80. Il suo sodale di quel periodo è il batterista Regan Hagar attivo nei Malfunkshun, band seminale della scena grunge, il cui frontman, Andy Wood, sarà il futuro cantante dei Mother Love Bone, nonché uno dei primi caduti a causa della dipendenza da eroina (morirà nel 1990).

E’ il 1993 l’anno che segna il battesimo discografico di Smith con la pubblicazione di ben due dischi.

Il 27 aprile esce “Shame“, esordio dei Brad. E’ il momento dell’esplosione del grunge: “Nevermind” è finito nelle case di milioni di persone, i Pearl Jam hanno debuttato su major senza passare dal via e a ottobre del 1993 uscirà il loro secondo disco “Vs”, mentre i Soundgarden stanno preparando la loro consacrazione con “Superunknown”. Nel mezzo di questa baraonda, il chitarrista dei Pearl Jam Stone Gossard trova il tempo di dedicarsi al suo side project, i Brad appunto, in cui troviamo oltre allo stesso Smith e ad Hagar, il bassista Jeremy Toback. Il disco è una sorpresa: non ci sono chitarroni rumorosi, non ci sono ritmiche incalzanti, non ci sono brani urlati, ma è comunque un capolavoro in grado di lasciare il segno anche se ovviamente rimane in sottofondo rispetto al clamore di quegli anni.

Un mix di brani guidati dal piano e dalla voce di Smith, tra ballate letteralmente struggenti come “Buttercup” o “Screen” e pezzi dall’andamento funky (grande influenza sia per Smith che per Gossard) come “20th Century” e “My Fingers” (un pezzo che sembra uscito da una jam tra i Jane’s Addiction e i Mother Love Bone), ma quello che colpsice di più in questo lavoro è la voce di Shawn Smith, calda e infinitamente espressiva nella sua apparente semplicità.

La carriera dei Brad non esploderà mai in senso commerciale, ma i primi tre dischi sono tutti di livello altissimo. “Interiors“, per chi scrive, è il migliore. Arriva il 24 giugno del 1997 ed più maturo e variegato del precedente con i momenti migliori in brani come “The Day Brings” (singolo con ospite Mike McCready dei Pearl Jam alla chitarra), “Circle & Line” o la conclusiva “Those Three Words” che inizia con un bel tiro funky e si trasforma in una sorta di accorata preghiera nel finale. Un disco delicato e profondo pubblicato da Loosegroove Records, etichetta fondata nel 1994 da Stone Gossard e Regan Hagar e che nel 1998 pubblicherà niente meno che lo storico debutto dei Queens Of The Stone Age.

Welcome To The Discovery Park” esce il 13 agosto del 2002 ed è il terzo capitolo della discografia, nonchè la terza perla. Si parte con il piano ciondolante e la voce calda di Smith che ci accompagnano verso la classica apertura “alla Brad” per il ritornello di “Brothers And Sisters“, si prosegue sulle note delicate dell’acustica “Shinin’” e ci si ritrova di nuovo quasi con le lacrime agli occhi sulle ballate “If You Could Make It Good” e “Sheepish“. Non manca qualche brano tirato, indubbiamente azzeccato, come “Revolution“, ma c’e’ poco da fare il loro meglio i Brad lo danno nei loro momenti più raccolti.

La discografia si completa con altri due full lenght: “Best Friends?” (2010) e “United We Stand” (2012); mentre il primo è l’unico disco lievemente sotto le aspettative, l’ultimo capitolo discografico mostra i nostri ancora in splendida forma e in grado di fare centro con brani come “The Only Way“, “Make The Pain Go Away“, “Through The Day” e “Waters Deep“, in poche parole, un altro grande lavoro con i testi e la voce di Smith a dispensare malinconia, non senza lasciare però, sempre una piccola luce di speranza.

Qui con una chitarra acustica in sottofondo ed una base ritmica minimale, viene fuori tutta la meravigliosa malinconica espressività della voce di Smith.

E’ invece del 2005 la raccolta di demo e rarità “Brad Vs Satchel” che vede protagoniste due dei progetti musicali di Shawn Smith.

Proprio l’uscita di “United We Stand” diede alla band l’occasione di venire a suonare in Europa e in Italia con due date memorabili, per chi era presente, a Milano e a Firenze.

Un assaggio delle loro enormi potenzialità live lo potete avere con questo live per radio KEXP di aprile 2012.


Ma torniamo al 1993, quando oltre al debutto dei Brad, esce, a dicembre, il primo omonimo disco dei Pigeonhed, band nettamente più sperimentale rispetto ai primi, autrice di un rock elettronico spruzzato di psichedelia (“Special Way” ne è un esempio) con una musicalità molto anni 90, in alcuni momenti quasi trip hop (“Her” e “Trial By Sex“). “Cadillac” sembra un tributo a Prince, uno dei riferimenti principali di Smith e richiama quelle atmosfere da rock post industriale portate al successo mondiale dagli U2 di “Zooropa”, uscito, non a caso, pochi mesi prima. Il disco è pubblicato da Sub Pop così come il secondo album “The Full Sentence” del 1996. I Pigeonhed nascono dalla collaborazione tra Smith e Steve Fisk, ingegnere del suono, produttore e musicista molto attivo a Seattle e dintorni negli anni 80 e 90, ma in entrambi i lavori c’e’ anche lo zampino del chitarrista dei Soundgarden Kim Thayil.

“The Full Sentence” mantiene le coordinate precedenti ma trova una migliore formula (o semplicemente migliori canzoni) per far risaltare la voce di Smith come, ad esempio, avviene nella title track.

Nel 1997 è la volta di un album di remix (chi ha vissuto gli anni 90, ricorderà che queste operazioni erano all’ordine del giorno) dal titolo “Flash Bulb Emergency Overflow Cavalcade Of Remixes” in cui alcuni brani dei Pigeonhed vengono remixati e quello che avrà più successo (il più grande successo commerciale per un brano targato Smith) è la versione di “Battle Flag” dei Lo-Fidelity Allstars che verrà utilizzata come colonna sonora in alcuni episodi di famose serie tv americane come E.R.-Medici in prima linea e I Sopranos.

L’ultimo brano pubblicato dai Pigeonhed è un singolo del 2013 dal titolo “The Power Come Over Me“, forse preludio ad un nuovo album che però non ha mai visto la luce.

Il 1994 è, invece, l’anno di uscita del primo album dei Satchel, praticamente i Brad senza Stone Gossard, sostituito alla chitarra da John Hoag. Non deve quindi stupire se le coordinate musicali non si discostano molto. E’ addirittura la Epic a puntare su di loro (dopo aver pubblicato anche “Shame” dei Brad) e a credere in questa forma di rock delicato e malinconico. Il primo lavoro “EDC” è forse un po’ acerbo e finisce, in alcuni momenti, nei binari di un rock alternativo un po’ scontato anche se non mancano perle come “Suffering“.

The Family” del 1996 è, al contrario, un capolavoro rimasto sconosciuto ai più. Partendo dalla struggente “Isn’t That Right“, passando per la pimpante “Without Love” fino alla splendide “Breathe Deep“, “Tomorrow” e alla finale “Roll On” densa di un pathos incredibile con l’ennesima grande interpretazione di Smith che rimane in bilico sul falsetto come fosse un equilibrista che usa la voce al posto delle gambe. Semplicemente non esiste un pezzo debole in questo disco.

Malgrado la bontà dell’opera, i Satchel sono costretti a prendere atto che la loro proposta è troppo morbida e classica per poter sfondare durante l’epoca d’oro del grunge. Non sono nè sufficientemente depressi, drogati o incazzati, nè hanno quello spirito innovativo del rock elettronico e dell’alternative metal che seppellirà il grunge stesso nella seconda metà degli anni 90. Così la band finisce nel dimenticatoio, provando poi un timido ritorno nel 2010 con il disco “Heartache And Honey” ormai però fuori tempo massimo.

Una collaborazione poco nota è quella tra Shawn Smith e Greg Dulli degli Afghan Whigs per il primo disco dei The Twilight Singers, progetto solista di Dulli che, di volta in volta coinvolge artisti diversi nella realizzazione dei vari album. Smith partecipa, nel 2000, al primo lavoro del progetto, “Twilight As Played By The Twilight Singers“, nel quale compare in quattro brani.

Abbiamo inizialmente citato i Malfunkshun, band in cui militava Hagar alla batteria e dei quali è stato pubblicato postumo l’album “Return To Olympus” (Loosegroove, 1995). Nel 2006, i membri superstiti della line up originale, ovvero Hagar e il fratello di Andy Wood, Kevin, coinvolgono Shawn Smith in veste di cantante per lavorare a nuovo materiale basato su scritti e testi lasciati dal frontman. Il nome del gruppo è cambiato in From The North e arrivano a pubblicare l’album “Malfunkshun Monument” nel 2007 via Wammybox Records.

Sempre Wammybox pubblica nel 2011 l’unico lavoro degli All Hail To The Crown, altro gruppo che vede lavorare insieme Shawn Smith e Kevin Wood. Un lavoro passato pressoché completamente sotto silenzio con una manciata di brani in pieno stile anni 90: tra gli Alice In Chains meno depressi e i Mother Love Bone.

Malgrado i numerosi gruppi a cui ha contribuito, Smith ha anche una corposa discografia solista, iniziata nel 1999 con “Let It All Begin” e terminata nel 2016 con l’EP “The Secret Life Of People” per un totale di ben diciannove pubblicazioni (per lo più autoproduzioni) tra full lenght, EP, raccolte di demo e live album (questo il link per il canale bandcamp in cui è possibile perdersi); dopo il 2016 fanno capolino ancora un paio di singoli, ma la carriera di Smith sembrava, nell’ultimo periodo, essersi un po’ arenata. Lo stile che predomina nei suoi lavori solisti è piuttosto lo-fi, minimale, con brani costruiti su basi elettroniche e atmosfere rilassate o altri più classici dove soul, rock e funky si mescolano come abbiamo visto succedere nelle band sopra citate.

Il disco solista che probabilmente vale la pena recuperare più di tutti è “Live At The Point“, disco registrato dal vivo a Philadelphia nel 1999, che include brani da “Let It All Begin”, così come altri tratti dalla discografia dei Brad e dei Satchel. Siccome non esistono live album dei suoi gruppi, questo disco rappresenta una testimonianza fondamentale.

Nel disco del 2003 “Shield Of Thorns” è contenuto una splendida canzone dedicata ad Andy Wood dal titolo “Wrapped In Memory“.

Smith non ha mai lesinato di ricordare il frontman dei Mother Love Bone anche attraverso l’esecuzione durante i suoi live della cover di Crown Of Thorns contenuta, in una versione notevolmente stravolta, anche nel disco del 2013 “So The Heart Can See“.

Nel 2016, la sua ultima apparizione live per KEXP.

Malgrado così tanta produzione di qualità, Smith è sempre rimasto nelle retrovie senza mai godere del successo commerciale che avrebbe meritato; di lui si parlava come del “Seattle’s best kept secret”, una definizione che dice tutto; vogliamo chiudere questo speciale a lui dedicato con uno dei momenti magici della sua carriera, ovvero la breve performance dei Brad al Monkeywrench Radio del 1998. In epoca pre internet, la trasmissione radiofonica ideata dai Pearl Jam (un mix di interviste, mini live e dj set) attaccò alle radio i fan di tutto il mondo (l’esperimento era già andato in onda nel 1995). Chi era all’ascolto o chi ascoltò dopo la trasmissione (quasi cinque ore in tutto) non potrà mai dimenticare l’esibizione dei Brad con appena tre pezzi, tra cui “Not Too Late” dei Satchel e una versione letteralmente strepitosa di “Buttercup” che lasciò senza parole Eddie Vedder in veste di conduttore radiofonico.

Questo il commovente tributo del fotografo Lance Mercer pubblicato pochi giorni fa.

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