Storia dello Sludge: Erik Larson, il motore hardcore metal di Richmond

Erik Larson è un musicista che ha vissuto almeno due carriere di alto livello: la prima come batterista degli Avail, la seconda come chitarrista degli Alabama Thunderpussy. Due band musicalmente agli antipodi che hanno in comune l’etica indipendente e l’aver scosso una scena locale altrimenti piuttosto pigra, quella di Richmond, Virginia. Oltre a queste due band Erik ha suonato in alcuni progetti di breve vita ma di ottima qualità sempre a cavallo fra le origini punk e hardcore e la passione sanguigna verso il metal underground.

AVAIL

Gli Avail, nati a Restmond e trasferitosi a Richmond dopo alcuni cambi di formazione, trovarono nella nuova sede il batterista Erik Larson, alla prima esperienza “seria” dopo aver fatto pratica in alcuni complessi punk adolescenziali. Avail sono noti al pubblico di genere per il loro “hardcore melodico” targato Fat Wreck Chords balzato alla notorietà intorno ai primi anni del 2000 ma il primo disco risalente al 1992 e intitolato “Satiate” è meritevole di essere riscoperto anche dai non iniziati. Completamente autoprodotto verrà ristampato un paio di anni dopo dalla etichetta indipendente californiana Lookout! Il sound è molto originale sebbene attinga da parecchie influenze in auge all’epoca. Un po’ post-hardcore, un po’ emo, un po’ alternative, non sono molto distanti dai Fugazi di “Repeater”: ha dalla sua grandi canzoni e tantissima energia. Con “Satiate” la band iniziò a farsi notare nel circuito hardcore, ben tracciato da anni di tour da parte dei veterani degli anni 80. Qui conobbero Born Against e Rorschach da cui impararono praticamente tutto: autogestione, organizzazione dei concerti, produzione, etica. In particolare quando i Born Against suonarono a Richmond diedero alla band tutti i loro contatti per suonare negli Stati Uniti: un regalo non da poco.

Con il secondo album “Dixie” la band prese sicurezza di sè e confezionò un disco che conserva ancora oggi lo status di classico della prima stagione post-hardcore americana. Ricicliamo le parole spese da Diego Curcio nell’articolo sui migliori dischi Lookout pubblicato su queste pagine: “Se “Satiate” di due anni prima aveva già fatto intravedere la genialità della band, “Dixie” e il successivo “4AM Friday” sono due bombe soniche che guardano ai Rites Of Spring, ai Fugazi e a tutto l’universo Dischord, con un occhio di riguardo al punk-rock più veloce e californiano (anche se loro, come detto, vengano da tutt’altri lidi). “Dixie”ha il suono del migliore hardcore anni Novanta e trasuda freschezza, anche a distanza di 26 anni.”

L’esplosione del punk non trasformò gli Avail nei nuovi Offspring / GreenDay / NoFx / BadReligion / Rancid ma anzi convinse il quintetto a spingere ancora più sull’acceleratore. “4AM Friday”, uscito nel 1996 sempre per Lookout!, elimina i mid-tempos e le stramberie precedenti e consegna il disco più compatto e veloce fino ad ora. Suonato splendidamente con un’intensità senza pari racchiude 16 canzoni che fecero la gioia dei fan del post-hardcore “alternativo” (Hot Water Music, Quicksand, Handsome per citare band coeve) ma proprio per questo non raggiunsero mai la grande massa.

Per il quarto album “Over the James” (1998, Lookout!) una delle descrizioni più abusate è “anthemico”. In questo disco tutto è portato all’estrema potenza: i cori, la potenza e la velocità trasformando di fatto la band in uno dei nomi di punta dell’hardcore melodico. E’ anche l’ultimo album con Erik e l’ultimo per Lookout!: il successivo sarà prodotto da Fat Wreck Chords.

ALABAMA THUNDERPUSSY

Il primo esperimento di Erik al di fuori del punk fu con i Kilara, band formata con Sam Krivanec (futuro Alabama Thunderpussy), Brandon Evans (futuro Pg.99 e Ghastly City Sleep), C.B. Houck (futuro Ghastly City Sleep). Il quartetto suonava un violento mix fra hardcore, metal e noise rock; in sintesi “sludge”, d’altra parte i nomi di riferimento erano la sacra trinità Eyehategod, Sleep e Neurosis. I Kilara pubblicarono una manciata di singoli e split (con Inquisition e Hellchild) e un solo album intitolato “The Funeral Fix” (1997, Rhetoric Records). Nel 1998 la raccolta “Southern Fried Metal” mette un po’ d’ordine pescando anche demo e versioni alternative.

Nel 1996 Erik Larson impugnò la chitarra e iniziò a suonare con il batterista Bryan Cox. Reclutato il chitarrista Asechiah Bogdan (futuro Windhand), il bassista Bill Storms (che purtroppo morirà nel 2001) e il cantante Johnny Throckmorton formò gli Alabama Thunder Pussy (nome che verrà compresso in Alabama Thunderpussy a partire dal quarto disco) che in breve diventerà l’attività principale di Erik dopo aver lasciato gli Avail e aver terminato la breve esperienza con i Kilara. Nel 1998 pubblicarono il debutto “Rise Again” per la mitica Man’s Ruin di Frank Kozik. Artwork sudista con i soldati confederati zombie che ripartono all’attacco e musica fatta di riff grassi, metal bagnato di whisky e voce grattata: un capolavoro! Praticamente il suono dei Black Sabbath che jammano con Melvins e Lynyrd Skynyrd.

Bill Storms venne sostuito da Sam Krivanec, già nei Kilara, e nel 1999 gli ATP pubblicarono “River City Revival”, sempre per Man’s Ruin. Le coordinate sonore non cambiano: la band è la risposta redneck al sound desertico dei Kyuss. “Rockin’ Is Ma’ Business” è una cover dei Four Horsemen band anni 90 di Hard Rock Boogie sudista similari ai Raging Slab (non a caso entrambi prodotti da Rick Rubin) e in qualche modo anticipatori del sound degli ATP: la nuova versione è decisamente meno “sleazy” e più cupa ma sempre anthemica.

Il nuovo millenio porta con sè una mutazione del mondo metal. In risposta al carrozzone commerciale del nu-metal e al fallimento dei nomi storici, l’underground riprende a macinare dischi su dischi. In particolar modo la Relapse nel primo decennio del 2000 fu l’etichetta per eccellenza, la boa di salvataggio per chi voleva dei suoni pesanti ma non plastificati, banali e stupidamente enfatici. Il meglio del suono sludge/noise di quegli anni – Mastodon, High On Fire, Soilent Green, Bongzilla, Neurosis, Today Is The Day – era stato tutto acchiappato da Relapse, a cui si aggiunsero anche gli Alabama Thunderpussy, rimasti orfani della Man’s Ruin, che aveva appena chiuso la sua breve ma gloriosa storia a causa di grossi problemi economici. Relapse riprese in mano il vecchio catalogo, che verrà ristampato con nuovi artwork, e pubblicò “Staring At The Divine” (2002). L’album, prodotto da Billy Anderson, mostra un sound avvicinabile a quello dei Corrosion Of Conformity e agli amici Orange Goblin (con cui condivisero uno split nel 2000), quindi vagamente meno claustrofobico e più riff-oriented. Grazie alla maggiore promozione su stampa e internet, i metallari attivano le antenne, incantati anche dal lavoro della doppia chitarra, vero e proprio lasciapassare per il mondo hard&heavy (Thin Lizzy e Judas Priest i nomi più citati nelle recensioni). Manca un vero e proprio singolo trascinante che li possa portare nelle case degli adolescenti.

Continui cambi di lineup e uno spostamento del baricentro compositivo portarono Erik a guardarsi intorno. Con il fido batterista Brian Cox e il neobassista degli ATP Ryan Lake formò gli Axehandle. La formula era semplice ed efficace: due batterie (Brian ed Erik) e un basso distorto (Ryan). Il risultato mostrò quanto Erik adori i riffoni uniti alla psichedelia, qui libera di librarsi senza i limiti della forma canzone. L’album è furibondo e la formazione due batterie + basso ricorda il sound dei Big Business e di certi Kylesa e per certi aspetti mostra un modo di alternativo suonare alla OM. Non mancano inoltre le canzoni “soul-stoner” alla Kyuss (“All Redheads Are Crazy”). Il disco omonimo, autoprodotto nel 2003 e pubblicato da Small Stone nel 2004, è una piccola perla nascosta di musica suonata in libertà per il semplice piacere di farlo.

Nel 2003 Erik pubblicò tramite Small Stone il primo disco solista “The Resounding”. Il chitarrista/batterista è incontenibile: il disco non è un guazzabuglio di idee buttate lì perchè scartate dalla band madre ma un lavoro sensato ed articolato, persino orecchiabile. Si sente la mano pesante da punk metallaro ma anche una sorta di raffinatezza che fino ad ora non era mai stata espressa pienamente. Un piede nel roots-rock sudista e un piede nell’hard, con la voce calda di Erik a fare da cornice a composizioni variegate ma dallo stile riconoscibile.

Nel 2004 finalmente esce un nuovo disco a nome Alabama Thunderpussy ma c’è l’ennesimo cambio di formazione: il cantante Johnny Throckmorton ha lasciato il posto a Johnny Weills, precedentemente con i Barbed Wire Dolls. La nuova voce è sempre bella ruvida ed enfatica, molto affine allo stoner metal in auge nel periodo (Spiritual Beggars su tutti) mentre la band sciorina riff su riff in quantità mantendo uno standard compositivo ispirato e roccioso. Qua e là spunta qualche organetto, qualche pseudo-ballad e l’album si apre addirittura con un brano strumentale. C’è forse tanta carne al fuoco ma quando si tratta di gente del Sud vuol dire anche tanto alcol e divertimento.

Mentre gli ATP erano in cerca di un cantante un frustrato Erik preparò il secondo disco solista intitolato “Faith, Hope, Love”, pubblicato da Small Stone nel 2005. L’album doveva servire come base per il nuovo disco della band madre ma finì per essere semplicemente la valvola di sfogo. L’album si chiude con una cover di Elliott Smith di “Say Yes” che anche la traccia finale nell’album “Either / Or” del cantautore di Omaha.

Ormai stanco dell’incostanza della band madre e desideroso di suonare con nuove persone assembla i Birds Of Prey, super gruppo composto dal bassista dei Baroness Summer Welch, il batterista Dave Witte (Municipal Waste e mille altri), Ben Hogg (Beaten Back To Pure) e Bo Leslie (Throttlerod). Il loro sound si distanzia da quello delle band principali dato che nei tre dischi che saranno pubblicati da Relapse tra il 2006 e il 2009 sarà il death metal putrescente a fare da padrone, sebbene non manchino le consuete svisate sludge tanto care a tutti i membri.

Altro giro altro super gruppo: questa volta Erik si unisce a Troy Medlin (Sourvein), Vince Burke (ingegnere del suono presso lo Sniper Studios) e Dave “Dixie” Collins (carismatico leader di Buzzov-en e Weedeater). Praticamente il meglio della scena sludge si trova a jammare per … suonare sludge!! Nominatisi Hail!Hornet pubblicheranno due lavori di purulenti riff ribassati e urla sconnesse: l’esordio omonimo del 2007 e “Disperse The Curse” del 2011. Se amate il genere sono due lavori da avere.

In tutto questo via vai di gente gli Alabama Thunderpussy trovano il tempo di pubblicare un ultimo album. La novità è la presenza alla voce di Kyle Thomas degli Exhorder, ovvero coloro che con il loro sound grezzo e sanguigno influenzeranno la svolta “moderna” dei Pantera. Il precedente Johnny Weills si dileguò a causa di problemi di droga. La differenza con i precedenti, per il gusto di chi scrive, si sente. Kyle è una vecchia volpe e riesce a smussare gli angoli della band, enfatizzando il riffing della band con esperienza e gusto. Per la prima volta ascoltiamo delle vere e proprie canzoni (non che i precedenti ne siano sprovvisti ma la differenza è notevole). I fan storcono il naso, la band molla gli ormeggi. Certo non aiuta quella copertina epica da band “power”. Peccato perchè “Open Fire” (2007, Relapse) è un ottimo disco.

Erik torna quindi al primo amore: la batteria e il punk. Con i Parasytic formò una band devota al crust, con testi politicizzati , urla incazzate e velocità sorprendenti. Ma non suonano come una tribute band dei tempi che furono: la furia è sincera! Due dischi nel loro carnet: “Hymns” (2008, Despotic / Vex) e “Poison Minds” (2010, Relapse, Vex ed esiste persino una ristampa da parte dell’italiana Agipunk).

Riavvicinandosi al mondo punk fu inevitabile ritrovarsi a jammare con gli ex colleghi Avail. I Freeman sono formati da 3/5 della line up di Satiate/Dixie e “It Doesn’t Matter” (2011, Fail Safe) è praticamente un disco degli Avail con un cantante diverso (Martin Freeman). L’album fa tremare di emozione i fan della prima ora sebbene sia un disco consigliato solo ad irriducibili curiosi.

L’ultima band da protagonista sono i The Might Could dove torna ad essere frontman e scrittore. Suoi compari sono Ryan Wolfe (Facedowninshit e poi Windhand), Rob Gouldman, T.J. Childers (Inter Arma) e, come potrete facilmente immaginare, il sound è quello sludge hard rock a lui tanto caro. Un solo disco per loro uscito nel 2011 per la fedele Small Stone.

Pur essendo sparito dai riflettori (sebbene non sia mai stato troppo illuminato) Erik continua a suonare con nuovi e vecchi amici. Dal 2016 suona nei stoner rocker / grunger Backwoods Payback assieme a Jessica Baker e Mike Cummings.

Altra band in cui è stato avvistato si chiama Omen Stones in power trio con Tommy Hamilton e Ed Fierro. Il loro sound è un avvincente sludge metal psichedelico vagamente alla Mastodon con Erik impegnatissimo in rullate alla Brann Dailor!

Ovviamente era inevitabile che arrivasse l’offerta più attesa: la reunion della formazione storica degli Avail. Erik non si è fatto trovare impreparato e ha risposto affermativo alla chiamata, per la gioia dei fan che hanno assistito ad una manciata di acclamatissimi show nel 2019.

Attualmente Erik è impegnato nel duo Thunderchief con il chitarrista cantante Rik Surly. Nel 2020 hanno pubblicato un EP di sei brani intitolato “No Sufferance For Thy Fools” e nel 2021 è atteso il disco d’esordio. Dato che ad Erik piace variare i Thunderchief sono sicuramente la band più lenta con cui ha mai suonato. In una parola: DOOM!

Sicuramente avrò perso qualche progetto per strada ma quel che è importante è testimoniare una carriera semplice, umile e “a fuoco” con progetti sempre validi e sinceri. Animo punk e dedizione metal: semplicemente Erik Larson!

Gli altri capitoli della Storia dello Sludge:

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