I migliori album Alternative Metal usciti nel 1990 [L-N]

Living Colour – Time’s Up (Epic)

Funk Metal

Sarebbe bastato l’esordio “Vivid” del 1988 per passare alla storia come band crossover definitiva. E invece i Living Colour raddoppiano due anni dopo con lo scoppiettante “Time’s Up” rendendo la band del virtuoso chitarrista Vernon Reid degna della Hall Of Fame del rock.

Anche in questo caso è difficile dare una definizione precisa del loro sound non solo per la quantità di influenze all’interno di ogni brano ma per la grande personalità dei nostri. La voce ricca di soul di Corey Glover spadroneggia sui riff di Vernon Reid mentre la sezione ritmica imbastisce una base rocciosa e infallibile. Al giorno d’oggi una qualsiasi band farebbe 3 dischi con la metà del materiale contenuto qui dentro: funk, metal, punk, jazz, hip hop, sono i macrogeneri che vengono frullati per generare canzoni irresistibili e per niente banali. Non un disco facile e lineare, ma non è certo un difetto.

Love / Hate – Blackout In The Red Room (Columbia)

Street / Hard Rock  

I Love / Hate si presentarono sul mercato discografico con l’album “Blackout In The Red Room” prima dell’esplosione del grunge e dopo la sbornia street/glam di Motley Crue, Guns N’ Roses, Skid Row. Ovviamente fecero un buco nell’acqua non convincendo appieno nè i fan dello street nè quelli più alternativi ma ritagliandosi lo stesso un posticino nel cuore di chi ha avuto l’accortezza di ascoltarli con attenzione.

Il loro sound è un bel hard rock sporco, potente e non incline alla melodia facile e anthemica dei colleghi, con un’attitudine quasi punk, ben suonato ma senza leziosismi inutili. Purtroppo videoclip orribili e un’immagine non convincente getteranno la band nel cestino delle promesse non mantenute. Peccato perchè il disco suona valido ancora oggi.  

Maelstrom – Step One (Taang!)

Thrash Metal / Funk Metal

Nel 1990 la grande stagione del crossover “thrash / punk” stava volgendo al termine dopo aver fatto da padrona per metà degli anni 80. I Maelstrom, provenienti da Chicago e appartenenti al giro della Taang! Record, arrivano fuori tempo massimo e infatti la loro discografia si interromperà con questo esordio.

C’è da dire che “Step One” è un ottimo disco di crossover metal con forti dosi di funk, come poi non ne usciranno praticamente più. Assolacci, ritmiche groove, basso slappato e voce “anthemica” fanno di “Step One” un disco magari non originale ma certamente divertente da ascoltare.

Malhavoc – The Release (Epidemic)

Industrial Metal / Death Metal

Negli anni 90 per i defender il falso metal è quello suonato con drum machine, campionatori e sequencer. I Canadesi Malhavoc sono quindi i re del falso metal essendo “The Release” uno dei primi dischi “heavy” scritto basandosi su questi elementi.

I Malhavoc appartengono al ricco underground dell’Ontario gravitante intorno alla Epidemic Records che produceva per lo più band thrash come Overthrow, Beyond, Epileptic Brain Surgeons, Deep End, e si differenziavano per le tematiche cyberpunk (molto in voga in quegli anni) e l’impatto sintetico decisamente avanti sui tempi.

Mekong Delta – Dances of Death (And Other Walking Shadows) (Aaarrg Records)

Thrash Metal / Progressive

4 brani per 40 minuti: alla larga coloro che odiano le lungaggini progressive! Si facciano però avanti tutti gli altri perchè i Mekong Delta sono una spettacolare band di thrash metal progressivo, adatta a chi adora tecnicismi, violenza ed essere sorpreso ad ogni battuta.

Il quarto album “Dances Of Death” non lascia un secondo di fiato sia per quanto riguarda la potenza sia per quanto riguarda le soluzioni ardite. Un disco difficile, talmente ricco di idee, cambi e riff che 40 minuti passano più o meno come fossero due ore e venti. Ma se approcciato con calma può regalare parecchie gioie.

Mind Over Four – The Goddes (Caroline Records)

Thrash Metal / Funk / Hard Rock

Forse il più strano e misconosciuto album della lista : “The Goddess” è meritevole di riscoperta non solo perchè Phil Anselmo indossava la maglietta della band nel retro di Vulgar Display Of Power.

Il terzo disco dei Mind Over Four è uno stravagante mix di thrash metal (il cantante per un pelo non finì negli Anthrax post Belladonna), prog, funk (il bassista finirà nei Mindfunk) e classico heavy metal / hard rock. La band suona a briglie sciolte, fregandosene della forma canzone, dei ritornelli e di tutto ciò che potrebbe aiutare l’ascoltatore ad amare le loro composizioni. Musica strutturata un po’ come l’immagine di copertina.

Mother’s Finest –  Subluxation (RCA)

Funk Metal / Hard Rock / Soul

“Subluxation” è un disco live della funk band Mother’s Finest di Atlanta, attivi fin dai primi anni 70 ma che si riunì nel 1989 dopo che i membri si erano sfogati per un po’ di tempo in altri progetti. Questo è il loro secondo live della carriera dopo quello del 1979 e pur testimoniando una band “anziana” suona potente come non mai.

L’inclusione in una lista “metal” non deve far storcere il naso perchè, pur essendo lontana dagli estremismi sonori dell’epoca, ha un impatto bello “spesso” più vicino all’hard & heavy che al funk. I riff suonano potenti e la splendida voce di Joyce Kennedy è più carica che mai. Se amate la fusione fra soul funk e rock cercatelo e non ve ne pentirete.

Mother Love Bone ‎– Apple (Polygram)

Hard Rock / Grunge

I proto-grunger Green River, oltre ad averci consegnato ottimi dischi, hanno contribuito alla nascita di due band: i Mudhoney (di cui potete leggere la loro storia in questo speciale) e i Pearl Jam. Ma tra i Green River e i Pearl Jam ci fu una breve parentesi chiamata Mother Love Bone, band che non conobbe mai la fama per via della morte del cantante Andy Wood (proveniente dai Malfunkshun) prima della pubblicazione di “Apple”. C’erano grandi piani per i MLB tanto che la Polygram fondò una sotto etichetta tutta per loro, la Stardog, che sarà riciclata in futuro per dischi di Ugly Kid Joe, Animal Bag e Greta.

La band di Gossard e Ament (i futuri Pearl Jam) ha un suono ben ancorato nello sleaze rock ma a fare la differenza sono i riff di matrice funk e le ballate alla Queen che tanto influenzeranno anche la band di Ten. Oltre al fatto che i nostri non erano di Los Angeles ma erano una imitazione cheap dei Sunset Boulevard proveniente da Seattle: quindi meno arroganza e più romanticismo. “Apple” è un piccolo classico per i grunger grazie al tributo che l’amico Cornell fece a Andy con il progetto Temple Of The Dog, ma è tuttora un grandissimo disco di hard rock “perdente”.

Naked City ‎– Torture Garden (Shimmy Disc)

Free Jazz / Grindcore / Experimental

Prendete Bill Frisell (chitarra), Joey Baron (batteria), Fred Firth (basso), Wayne Horvitz (tastiere) e metteteli sotto la direzione del sassofonista John Zorn. Al tutto aggiungete la schizzata voce di Yamatsuka Eye dei Boredoms. Il risultato? 42 pezzi in 25 minuti. Zorn prende la velocità e la violenza del grindcore (ai tempi ancora nella fase primordiale) e la tecnica virtuosa del jazz per destrutturare tutto il destrutturabile.

Per molti è ancora oggi musica aliena (benchè sia stata in qualche modo ripresa e addolcita dai Fantomas e da decine di band jazzcore, ad esempio i nostrani Zu), inascoltabile, priva di senso e che suona come uno zapping impazzito, rivelando quanto è attuale il messaggio e l’impatto di “Torture Garden”. Da questo disco in poi (e dai suoi numerosi fratelli del periodo sempre ad opera di Zorn) ogni cosa sarà possibile e concessa.

Napalm – Zero To Black (Steamhammer)

Thrash Metal / Funk Metal

Con una copertina così particolare come fa questo disco a non dare nell’occhio? “Zero to Black”, secondo disco dei Napalm di New York è uno stravagante disco thrash metal che mescola melodia e funk come fosse una jam session tra Megadeth, Anthrax, Mordred e Prong. Chitarroni massici, basso slapposo, ritmiche serrate ma anche groovose, voce melodica ma graffiante: i Napalm avrebbero avuto le carte in tavola per essere annoverati fra i grandi.

Nati come Combat nel 1984 dopo vari demo trovarono un contratto discografico proprio con la Combat Records che gli fece cambiare nome. Si sciolsero poco dopo la pubblicazione di “Zero To Black”, che rimarrà nei dischi dimenticati del thrash metal.

Redazione

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