Dream Theater: I Dischi Da Avere

Amati, odiati, ammirati, invisi, copiati, disprezzati i Dream Theater non conoscono mezze misure, soprattutto musicalmente. Esagerati e barocchi sono l’emblema del progressive inteso come esercizio di tecnica e sfoggio di virtuosismi esagerati. Chi li ama riconosce in loro anche anima oltre che tecnica, chi li odia pensa esattamente il contrario. La verità sta nel mezzo? No, è proprio una questione di punti di vista estremi.
Ma al di là dei preamboli: esiste un disco da avere dei Dream Theater? Solo uno o di più? Questo articolo ti offre qualche spunto di ascolto.

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Introduzione

Kevin Moore, John Petrucci, James LaBrie, John Myung, Mike Portnoy

Dream Theater si formano presso la scuola di musica Berklee College di Boston ne llontano 1985 come Majesty grazie a John Petrucci (chitarra), John Myung (basso) e Mike Portnoy (batteria) a cui si aggiunge il tasterista Kevin Moore e il cantante Charlie Dominici. Kevin Moore verrà sostituito prima con Derek Sherinian e infine con Jordan Rudess mentre Charlie Dominici con James LaBrie. Nel 2010 Mike Portnoy lascerà la band in favore di Mike Mangini. Il sound proposto è definibile senza troppi giri di parole come “progressive metal” ispirato a band anni 70 come Rush, Genesis, Pink Floyd, Yes e contemporanee come Fates Warning e Queensryche.

I dischi da avere

Senza se e senza ma il capolavoro dei Dream Theater ha appena compiuto 30 anni e si chiama “Images And Words” (1992). Quando fu pubblicato (in piena era grunge!!) fu uno shock: raramente il pubblico metal aveva sentito suonare qualcuno in questo modo! Ma a conquistare tutti, a dispetto di una copertina oscena, fu la qualità delle composizioni. L’iniziale “Pull Me Under” mette le cose in chiaro con otto minuti di progressioni tecniche inedite fino ad allora. A conquistare definitivamente il pubblico la spettacolare “Metropolis Part 1“, brano da imparare a memoria per chiunque voglia superare di livello nel proprio strumento musicale (chitarra, basso, batteria o tastiera a tua scelta). Ma, onestamente, non c’è nessun cedimento nella scaletta perfetta del disco. Solo i suoni risultano oggi un po’ datati.

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Altri dischi consigliati

Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory” (1999) riprende il discorso affrontato in “Images And Words” costruendo un concept album sulla scia di “Operation Mindcrime” dei Queensryche, “The Lamb Lies Down On Broadway” dei Genesis, “The Wall” dei Pink Floyd. Al di là della trama il disco è uno dei migliori album progressive metal, diviso in 12 “scene” (o atti) di alta qualità, per un totale di 77 minuti di musica suonata a livelli altissimi.

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Dischi per completisti e appassionati

La discografia dei Dream Theater è molto vasta ma se hai amato i due dischi che ti ho proposto potresti dare un ascolto anche a questi. Non sono considerati dei capolavori all’unanimità (neanche i precedenti) ma rimangono delle valide seconde scelte. I dischi che rivaleggiano con i migliori si intitolano “Awake” (1994), “Six Degrees Of Inner Turbulence” (2001), “Train Of Thought” (2003) e “Octavarium” (2005). Secondo me sei dischi in collezione dei Dream Theater è un numero più che sufficiente per godere di lavori di buona/ottima qualità senza cadere in ripetizioni e cali di ispirazione. Se proprio vi capitano tra le mani vale la pena recuperare “When Dream And Day Unite” (l’unico con il – pessimo – cantante Charlie Dominici) per lo strumentale “The Ytse Jam” (Majesty scritto al contrario) e l’EP “A Change of Seasons” contenente alcune interessanti cover e il lungo brano omonimo.

Il resto (soprattutto la recente fase senza Portnoy) può essere tranquillamente evitato. Se diventerete fan senza ritegno vi aspettano altri 6/7 dischi per soddisfare la vostra sete.

Redazione

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