Tool: I Dischi Da Avere

Hai sentito parlare tante volte dei Tool ma non li hai mai ascoltati? Hai sentito una loro canzone e vorresti saperne di più? Sei rimasto incuriosito dalle loro copertine e dai loro videoclip ma non hai ben capito che musica facciano? Ti è piaciuto un loro disco ma non sai se è il migliore? Sei nel posto giusto: questo articolo ti aiuterà a capire una delle band più complesse e affascinanti degli ultimi 30 anni, amata alla follia dai fan e invisa da chi non ha mai avuto il tempo di affrontarla con pazienza e dedizione. La discografia dei Tool non è molto vasta ma è importante conoscere i dischi fondamentali e, se ci sono, quelli di cui potreste fare a meno. Attraverso brevi recensioni capirai quale è l’album che farà al caso tuo.

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Introduzione

Maynard Keenan, Adam Jones, Justin Chancellor, Danny Carey

Tool si formano a Los Angeles, California, nel 1990 grazie a Maynard James Keenan (voce), Adam Jones (chitarra), Danny Carey (batteria) e Paul D’Amour (basso), sostituito nel 1995 da Justin Chancellor. I loro riferimenti spaziano dall’alternative rock psichedelico dei Jane’s Addiction, ai riff heavy e dispari dei Soundgarden, il metal mutante dei Metallica, i riff frastornanti dei Melvins, il noise rock dissonante dei Jesus Lizard, l’alienazione degli Swans e le progressioni complesse dei King Crimson. E’ quindi una band “crossover“, come si diceva ai tempi, ovvero un misto di influenze difficilmente da incasellare. Negli anni sono stati definiti genericamente “alternative metal” e “progressive metal“, in base al peso di una o più influenze rilevate nei dischi.

I dischi da avere

La sfida fra i dischi assolutamente da aggiungere nella tua collezione discografia si svolge fra due lavori pubblicati uno di seguito all’altro ma per certi versi molto distanti e che possono soddisfare due tipologie di ascoltatori differenti. “Lateralus” (2001) vince per una maggiore fruibilità, una produzione molto più raffinata, un artwork stellare e, cosa non trascurabile, è più facile trovarlo in vinile senza spendere cifre folli (ma attento: inizia a non essere facilissimo reperirlo!). Ascoltare “Lateralus” è come decifrare un film di David Lynch e Jodorowsky: la ricchezza di riferimenti, i giochi ritmici, le dissonanze sono tutte messe per apparenti motivi “magici”; esistono decine e decine di siti che ne decifrano i ritmi ispirati a matematica e a riti occulti. Ma al di là di quello che c’è dietro “Lateralus” è un album che mette in ordine nel complesso calderone del progressive metal, avvicinando mondi apparentemente inconciliabili e ascoltatori di varia natura: dai fan del vecchio progressive (King Crimson, Jethro Tull), gli hard rockers (Led Zeppelin), gli alternativi (Melvins, Soundgarden), i prog-metaller moderni (Dream Theater, Porcupine Tree) e ispirando a loro volte un nuovo sound che verrà replicato infinità di volte. In questo disco trovate “Schism“, “The Grudge“, “Parabola“, ma tutta la scaletta è da applausi a scena aperta.

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L’altro disco che merita un posto nella tua collezione è “Ænima” (1996) sebbene sia praticamente introvabile in vinile (attenzione: è pieno di copie false!) puoi accontentarti della copia in CD in attesa della ristampa. Se le soluzioni troppo articolate di “Lateralus” ti annoiano e preferisci il sound alternative metal di Soundgarden, Melvins, Kyuss, Rollins Band questa dovrebbe essere la tua prima scelta. Non mancano soluzioni ardite e brani progressivi ma in questo disco l’impatto lo fa da padrona senza tanti giri per scaldare l’atmosfera. Meno cervellotico e più orecchiabile ma non è un classico disco rock formato da “strofa/ritornello/assolo”. “Ænima” è un album difficile da raccontare che va ascoltato e amato.

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Altri dischi consigliati

Come accade per i dischi da avere anche quelli semplicemente consigliati si battono fra due: “Undertow” (1993) e “10000 Days” (2006). Il primo è la versione minore di “Ænima”, l’altro di “Lateralus”. Vanno quindi ascoltati nel caso ti sia piaciuto più uno o l’altro. “Undertow” è l’esordio sulla lunga distanza ed è pienamente un disco “alternative metal”, va da sè che per questo motivo potrebbe essere l’unico che apprezzerai se non ami i dischi troppo progressivi e articolati. Le canzoni sono spettacolari e con dei ritornelli esplosivi: ascolta i singoli “Sober“, “Prison Sex” accompagnati anche da video claustrofobici in stop motion realizzati dal chitarrista Adam Jones, che lavorò agli effetti speciali dei film Jurassic Park, Terminator 2, Predator 2. “Undertow” è un disco che andrebbe riscoperto, schiacciato dal peso dei lavori successivi ma degno di essere considerato tra i dischi migliori usciti in piena esplosione grunge.

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“10000 Days” (2006) è il successore di “Lateralus”, un disco su cui molti avevano riposto parecchie aspettative. Rispetto al predecessore è un po’ meno scorrevole e mostra vari tentativi di cercare nuove strade, perdendo però un po’ il focus di insieme. L’album è in ogni caso ottimo e se hai apprezzato “Lateralus” troverai parecchi motivi per amare anche questo.

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Dischi per completisti e appassionati

Il quinto disco “Fear Inoculum” (2019) è uscito a ben tredici anni di distanza dal precedente. L’aspettativa era quindi enorme si è decisamente smorzata durante i primi, deludenti, ascolti. Parliamoci chiaro: “Fear Inoculum” sarebbe un capolavoro se l’avesse pubblicato una qualunque altra band “progressive metal” ma appunto suona troppo come un “normale” disco dei Tool e per loro questo aggettivo non è mai stato usato. Suonato divinamente, prodotto superbamente, testi ottimi e musica arrangiata in modo stellare (soprattutto la batteria è come se fosse in perenne assolo): potresti fare il bastian contrario e partire da questo disco e poi andare alla scoperta dei capolavori del passato.

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Per completare la discografia a questo punto ti mancano due tasselli non eccessivamente importanti. Uno è un cofanetto intitolato “Salival” (2000) pubblicato in CD + DVD oppure in CD + Videocassetta contenente anche i videoclip usciti fino a quel momento (Sober, Prison Sex, Stinkfist, Aenema, Hush). Il cofanetto è essenzialmente un disco dal vivo e vale la pena recuperarlo per la cover di “No Quarter” dei Led Zeppelin e una intensa versione di “Push It”. Per averlo dovrete darvi da fare nei mercato dei collezionisti.

Terminiamo con l’EP “Opiate” (1993) esordio ufficiale sulla media distanza, come consuetudine all’epoca. E’ un grezzo biglietto da visita e mostra una band ancora acerba ma già interessante. Curiosamente è ancora in catalogo.

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Esiste una versione “estesa” uscita di recente della canzone omonima con video annesso, pubblicata per il trentesimo anniversario.

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Redazione

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