Mastodon, guida essenziale per neofiti

A poco più di 20 anni dalla formazione della band la discografia dei Mastodon inizia ad essere piuttosto ricca. Sette dischi ufficiali, un paio di raccolte, altrettanti live e una manciata di EP sono sufficienti per mandare in crisi l’ascoltatore occasionale, colpevolmente in ritardo sulla scoperta della band di Atlanta. La band ha evoluto il proprio sound disco dopo disco e con la recente pubblicazione di “Medium Rarities” in un certo senso si chiude un ciclo.

GLI ESORDI:

Brann Dailor (batteria e voce), Troy Sanders (basso e voce), Bill Kelliher (chitarra) e Brent Hinds (chitarra e voce) quando nel 1999 formarono i Mastodon non erano dei novellini ma vantavano parecchi anni di militanza nel circuito underground.
Brann e Bill facevano coppia nei possenti Lethargy, band death-grind-tech del futuro chitarrista dei Brutal Truth Erik Burke. Negli anni della contaminazione e del crossover il quartetto anticipava certe soluzioni tecniche e destrutturanti care a Dillinger Escape Plan, Botch e Converge muovendosi però in un territorio più vicino al death metal e al grind. Dopo una manciata di demo tape nel 1996 esordirono con lo splendido album “It’s Hard To Write With A Little Hand”

Se adorate le svise prog-tecniche dei Mastodon qui avrete di che abbuffarvi: il disco è un susseguirsi di riff storti uno dietro l’altro.

Nel 2000 Erik pubblicò una raccolta in doppio CD di tutte le registrazioni della band intitolata “Discography ’93 – ’99”. Successivamente Brann si unì ai Today Is The Day di Steve Austin portando con sé il suo amico Billy, che pur di suonare imbracciò il basso anzichè la chitarra. La versione power trio dei Today Is The Day diede vita al massiccio “In The Eyes Of God” (1999, Relapse), capitolo sui generis della discografia della band noise-metal. Dei tre si possono trovare alcune testimonianze dal vivo nel disco “Live Till You Die” (2000, Relapse)

Contemporaneamente Troy e Brent suonavano assieme nei Four Hour Fogger, dalle intenzioni non troppo dissimili dai Lethargy. Pensate ad un mix fra grind, sludge, hardcore e avrete più o meno idea del risultato. La discografia è formata da un 7″ (1996) e un album autoprodotto intitolato “Dollars for Red Books” (1999).

Un po’ più attivi furono i Social Infestation del solo Troy che pubblicarono un album intitolato “Redemption Is Only Skin Deep…” (1998) e una manciata di singoli. Niente di cui strapparsi i capelli ma un onesto grind-core vagamente sludge.

Sul finire degli anni 90 i quattro non se la passavano bene. Chi faceva lavoracci, chi dormiva dove capitava, sembrava che fosse impossibile per loro poter vivere di musica. Per di più metal, in un periodo in cui le quotazioni del genere erano al minimo assoluto con band storiche allo sbando e la diffusione del nu-metal tra i giovanissimi. Ma il karma decise di premiarli. Nel 1999 esordì un terzetto molto particolare chiamato High On Fire, capitanato dall’ex Sleep Matt Pike. Il loro sound era un misto piuttosto aggressivo di stoner, sludge e metal estremo primordiale suonato con la foga di Lemmy (leggi la loro storia qui). E proprio ad un loro concerto i quattro si conobbero e decisero formare una nuova band: e poi non venite a dire che i concerti non sono importanti! Reclutato il cantante Eric Saner proveniente dal giro hardcore, i cinque si misero di impegno per dare vita ad una creatura metal devastante. I brani vennero fuori veloci (d’altra parte non è che avessero molto altro da fare) e registrarono i primi demo con il nome Mastodon.

IL PERIODO RELAPSE

Eric fu allontanato dopo poco tempo (non una grossa perdita) e i quattro continuarono a scrivere e affinare il loro sound. Nel 2001 pubblicarono il 7″ “Slick Leg” per la Reptilian Records che gli frutterà un contratto con la prestigiosa Relapse Records. Il primo EP si intitola “Lifesblood” ed fu in grado di rizzare le antenne degli appassionati del metal underground. La band prese il sound degli High On Fire e dei Melvins e lo mescolò al death metal, allo sludge, al progressive. A stupire tutti è il batterista Brann Dailor, instancabile rullatore: mentre tutto il mondo incensava i System Of A Down di Toxicity e le rullate di John Dolmayan i primi fan dei Mastodon avevano trovato qualcuno decisamente più interessante da idolatrare. Nel 2006 Relapse ripubblicherà “Lifesblood” aggiungendo nuovi brani provenienti dalle stesse session di registrazione. Il repackaging verrà intitolato “Call Of The Mastodon”. Il punto di partenza (o di arrivo) perfetto per un neofita: un disco che non si ripeterà per energia e follia. Ai tempi furono accolti dal pubblico del post-hardcore e del grindcore più sperimentale: l’underground aveva trovato i suoi nuovi eroi.

“Remission” (2002) è l’atteso disco di debutto, lanciato dall’opprimente singolo “March Of The Fire Ants” (pubblicato come split con gli High On Fire) l’album è un susseguirsi di riff da mal di testa, suoni sludge e canzoni killer. La band suona al massimo dell’energia disponibile, spaccando ignari stereo e lasciando a bocca aperta il pubblico, ai tempi sincronizzato con ogni uscita Relapse: l’etichetta pubblicò nel giro di pochi mesi dischi come “Informis Infinitas Inhumanitas” degli Origin, “Lucid Interval” dei Cephalic Carnage, “Soundtrack To The Personal Revolution” dei Burnt By The Sun, “Sadness Will Prevail” dei Today Is The Day, “Unas Slayer Of The Gods” dei Nile, “Gateway” dei Bongzilla, “A Deleted Symphony For The Beaten Down” dei Soilent Green, “A Sun That Never Sets” dei Neurosis, “Staring At The Divine” degli Alabama Thunder Pussy, “Surrounded By Thieves” degli High On Fire, “Frozen Corpse Stuffed With Dope” degli Agoraphobic Nosebleed. Il metal si era finalmente risvegliato e i Mastodon avevano grandi ambizioni.

Ambiziosi e umili perchè se è vero che ora sono una delle band metal più importanti in attività, nei primi anni di carriera suonarono in apertura di qualunque formazione che gli consentisse di allargare il proprio bacino di utenza. Un modo semplice e lungimirante che ovviamente gli costò tanto in termini di sacrifici economici. Ambiziosi perchè con il secondo disco si presentarono con un concept album su Moby Dick intitolato “Leviathan” (2004). Quattro i singoli estratti (con relativo videoclip): “Iron Tusk”, “Blood and Thunder”, “I Am Ahab” e “Seabeast”. Il disco fu un successo underground, con recensioni positive ovunque. Musicalmente la band allentò la presa eliminando alcuni eccessivi barocchismi e rallentando il ritmo avvicinandosi ad un sound “sludge” di chiara ispirazione Melvins. Il mondo intorno stava nuovamente cambiando: grazie alla loro spinta nacquero Kylesa e Baroness e il pubblico mutò dai fan del grindcore/postcore a quelli più numerosi dello stoner metal, non a caso ospiti del disco sono Scott Kelly (Neurosis) e Neil Fallon (Clutch). Ma l’attitudine progressiva iniziò ad avvicinare anche fan di Meshuggah e Tool. Insomma grazie a “Leviathan” i riflettori si spostarono sulla band di Atlanta. Il numetal era sconfitto: da “Leviathan” si può ricostruire il genere.

LEGGI ANCHE: LA SCENA SLUDGE DI SAVANNAH

LA FASE MAJOR

Dopo 2 dischi e mezzo con Relapse finalmente i Mastodon riuscirono ad attirare l’attenzione della major Reprise. I fan temerono il peggio ma, per fortuna, i Mastodon seppero giocarsi le carte in maniera intelligente. “Blood Mountain” (2006) è indubbiamente l’apice musicale del gruppo, il perfetto punto di incontro fra l’underground metal e l’attitudine più orecchiabile e progressiva che troveremo nei dischi successivi. Non c’è una nota fuori posto, un riff sbagliato, una linea vocale che non sia eccezionale. Ospiti del disco Scott Kelly (Neurosis), Josh Homme (Queens Of The Stone Age) e Cedric Bixler-Zavala (Mars Volta). Uno degli album metal più belli di sempre.

In “Crack The Skye” (2009) i Mastodon diedero il microfono al batterista Brann Dailor, che divenne il terzo cantante del gruppo. L’album è inoltre dedicato a sua sorella Skye, morta suicida quando aveva 14 anni. “Crack The Skye” segna l’ennesimo piccolo cambiamento del sound in favore di un approccio più progressive-metal. I riff heavy-sludge vengono alleggeriti in favore di assoli e costruzioni ardite e complesse, mentre le voci hanno praticamente abbandonato il growl. A far da padrone è la monumentale “The Czar” di oltre 10 minuti. Immancabile il cameo di Scott Kelly. Da un punto di vista tattico è l’ennesimo centro del gruppo che conquista anche i fan dell’alternative metal: gli ascoltatori di Tool, Soundgarden, Alice In Chains, Voivod hanno trovato una nuova band del cuore.

Uno dei vantaggi di avere un contratto major è che possono accadere le cose più strane. Per esempio che il regista Jimmy Hayward chieda ai Mastodon di realizzare la colonna sonora di un film tratto da un fumetto intitolato Jonah Hex. Il disco, purtroppo pubblicato solo in digitale, si intitola “Jonah Hex: Revenge Gets Ugly EP” ed è la cosa più Melvins che potete ascoltare dal quartetto. Riff lenti e pesanti con assoli epici un po’ alla Dylan Carlson degli Earth. Una chicca. Se per qualche Record Store Day dovesse venire stampato in vinile non perdetevelo!

Melvins che vengono omaggiati nel primo live ufficiale intitolato “Live At Aragon” (2011) con una bella cover di The Bit (tratta da Stag). Peccato che i Mastodon siano eccellenti su disco ma dal vivo le loro voci siano inascoltabili.

Arriviamo quindi a “The Hunter” (2011), che di fatto inaugura la terza fase della band, quella meno ispirata ma più fortunata dal punto di vista commerciale tanto che, per molti, i Mastodon buoni sono quelli da “The Hunter” in poi. Con questo disco i Mastodon premono ancora di più sul versante “metal alternativo” con singoli piuttosto orecchiabili, produzione asciutta, chitarre svuotate dalla sporcizia sludge. Il risultato, se permettete il paragone, è una versione heavy dei Queens Of The Stone Age (“Blasteroid” è un esempio calzante) o alla meglio dei Voivod senza la follia (“Octopus Has No Friends”). Da una parte è un bene che non siano diventati dei metallari di plastica, dall’altra siamo lontanissimi dai Mastodon arcigni di “Blood Mountain” e “Leviathan”. Scott Kelly è presente in “Spectrelight” e riporta un po’ di brio di vecchia scuola Relapse.

Anticipato dal secondo album dal vivo “Live At Brixton” (2014), “Once Around The Sun” (2014) è la continuazione di “The Hunter” e mostra come la band abbia trovato la sua dimensione con questa formula. Oltre al sempre presente Scott Kelly questa volta si aggiungono tra gli ospiti Valient Himself (Valient Thorr), Isaiah “Ikey” Owens (Mars Volta) e l’intera girl-band The Coathangers. Poche sorprese e un pugno di buone canzoni (“The Motherload”, “High Road”) per un disco che è vicino all’attitudine guascona dei Red Fang ma che non è in grado di impressionare più di tanto gli ascoltatori più esigenti.

Con “Emperor Of The Sand” (2017) i Mastodon vincono il Grammy per la miglior performance metal, onore più che meritato per la carriera, un po’ meno per la qualità del lavoro praticamente identico a quanto sfornato negli ultimi due album.
Scott Kelly è sempre presente (e speriamo che prima o poi facciano un intero disco assieme) questa volta in compagnia di Kevin Sharp dei Brutal Truth. Ognuno ormai è immerso in side-projects di vario genere, prova che per i Mastodon questo è ormai un lavoro da ufficio e poco più.

Sorprende la pubblicazione dell’EP “Cold Dark Place” (2017) assemblato con scarti degli ultimi due dischi e che, incredibilmente, suona meglio di entrambi! I brani sono tutti scritti da Brent Hinds e mostrano un lato inedito dei Mastodon totalmente devoto al progressive hard-rock anni 70. Un po’ alla maniera dei Rush ma più delicati. Un piccolo gioiello che avrebbe meritato più attenzione e più brani. Un disco intero di questo tipo sarebbe stato una gran bella rivelazione e una boccata di aria fresca, ma forse un po’ troppo particolare per i fan dell’ultima ora.

“Medium Rarities” (2020) interrompe il silenzio discografico di tre anni, a parte qualche saltuario singolo. L’album raccoglie materiale “raro” sparso negli EP e in compilation, più un brano inedito intitolato “Fallen Torches”. Se in passato non siete stati dei completisti qui troverete cover dei Flaming Lips (“A Spoonful Weighs a Ton”), Feist (“A Commotion”) e Metallica (“Orion”), più b-side, partecipazioni a colonne sonore, versioni alternative e live. L’insieme è ovviamente frastagliato ma decisamente interessante. Sarà un epitaffio, l’inizio di una nuova fase o una semplice parentesi retrospettiva?

CONCLUSIONE


Premettendo che i gusti sono gusti, vi propongo un’ipotetica lista di dischi dal migliore al peggiore. I primi cinque da comprare a scatola chiusa, gli altri con riserva.


1 – Blood Mountain
2 – Leviathan
3 – Remission
4 – Call Of The Mastodon
5 – Crack The Skye
6 – Cold Dark Place
7 – Jonah Hex: Revenge Gets Ugly EP
8 – The Hunter
9 – Medium Rarities
10 – Once Around The Sun
11 – Emperor Of The Sand

Lascia un commento

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: